Giordano Bruno, icona della libertà

Siamo al 411° anniversario del della morte di Giordano Bruno, avvenuta il 17 febbraio del 1600 quando verrà bruciato sul rogo a Campo dei Fiori a Roma. La sua ultima fulminante perorazione, rivolta al notaio che gli leggeva la sentenza di morte, la dice lunga sul personaggio che alzatosi dall’inginocchiamento previsto per i condannati d’eresia dall’inquisizione gridò: «Forse tremate più voi nell’infliggermi questa sentenza che io nell’accoglierla». L’anima inquieta di Giordano Bruno continua da allora a girare per l’Europa, dove viaggiò per tanti anni…sempre in fuga dagli inquisitori dell’ Inquisizione.
In molte città Egli visse, scrisse, litigò, insegnò e sbalordì con la sua memoria da Pico della Mirandola. Un memoria fotografica la sua, che associata ad una straordinaria erudizione, fece di lui per la massima espressione dell’uomo rinascimentale. Dal giorno in cui gettò la tonaca di domenicano alle ortiche, inizia per lui un periplo europeo che lo porterà a Chambery, Ginevra (e qui frequenterà gli esuli italiani calvinisti), Lione, Tolosa, Parigi, Londra, Oxford, e poi ancora Londra, Parigi, Magonza, Marburgo, Wittenberg, Praga, Tubinga, Remstedt, Francoforte, Zurigo, e poi ancora Francoforte e infine Venezia.
A Venezia, nel maggio del 1592, viene arrestato dalla Santa Inquisizione per delazione del nobile Mocenigo. Quest’ultimo voleva rubargli il segreto di tanta memoria, ovvero l’incredibile capacità del Bruno di leggere una prima e unica volta un libro e ricordarlo perfettamente a memoria. Non riuscendoci, il patrizio che lo ospitava lo scaricò al Sant’Uffizio che, trasferitolo a Roma, lo espose a torture e vari interrogatori per circa sette anni. E alla fine, come tanti altri, lo condurrà sul rogo per bruciarne per sempre la memoria. Ma quella damnatio maemoriae, per una sorta di transustanziazione all’incontrario, si è via via trasformata in un riscatto della memoria. Ed è bene ricordarlo…

GN

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