Gruppo Anarchico “Andrea Salsedo” – Trapani

Al Movimento Anarchico di lingua italiana
Siamo lieti di annunciare che si è costituito a Trapani il Gruppo Anarchico “Andrea Salsedo”.
Già da molto tempo, infatti, sentivamo l’esigenza di concretizzare il nostro percorso libertario con un aggregato organizzativo capace di esprimere le istanze di libertà, uguaglianza e solidarietà che fanno parte integrante del patrimonio ideale dell’anarchismo. In particolare, il Gruppo Anarchico “Andrea Salsedo” si ispira ai princìpi espressi dal Congresso dell’Internazionale Antiautoritaria di St. Imier del 1872, che riconosciamo come momento fondativo del Movimento anarchico politicamente inteso.
Perché essere anarchici
Il pensiero anarchico esprime l’universale aspirazione alla libertà di ogni individuo poiché è nella libertà che ciascun essere umano può realizzare pienamente se stesso riconoscendo nella libertà altrui la condizione e la conferma necessarie per la propria libertà. In questo senso, la libertà e l’uguaglianza sono i valori fondanti dell’anarchismo, e il loro cemento è la solidarietà.
Al contrario, il potere – in tutte le sue molteplici forme – impedisce il pieno dispiegamento delle potenzialità umane, perché nega la libertà degli individui e delle comunità.
Essere anarchici è una sfida urgente e necessaria, oggi più che mai.
Sono sotto gli occhi di tutti, infatti, le condizioni di estremo disagio in cui versa il mondo intero, da un punto di vista sociale, economico, ambientale, esistenziale.
Le disuguaglianze lacerano l’umanità in maniera drammatica. Una ristretta minoranza di privilegiati detiene il possesso della stragrande maggioranza delle risorse costringendo miliardi di esseri umani allo sfruttamento e alla miseria. Tali disuguaglianze si cristallizzano nella gestione del potere politico attraverso il quale le classi privilegiate sanciscono e perpetuano il loro dominio.
Gli stati e il capitalismo restano, oggi come ieri, i cardini dell’oppressione dell’uomo sull’uomo. L’insostenibilità di un sistema basato su questa organizzazione politica ed economica è dimostrata quotidianamente dalle tragedie di cui soffre il Pianeta.
Gli stati e il capitalismo generano, per la loro stessa natura, le guerre, il terrorismo, i conflitti, i massicci flussi migratori dal Sud al Nord del mondo, l’inquinamento, la devastazione ambientale, il depauperamento delle risorse, i cambiamenti climatici, l’invivibilità delle metropoli, la distruzione delle campagne, la disoccupazione, la precarietà, l’impoverimento di vasti strati della popolazione, il crescente autoritarismo nei rapporti sociali, la repressione del dissenso, la militarizzazione dei territori, e molto altro ancora.
Non meno pericoloso e invasivo è il ruolo di tutte le istituzioni religiose che, con la pretesa di imporre le loro verità assolute e metafisiche, plagiano le persone, negano l’autodeterminazione degli individui, plasmano la società, mortificano la libertà di coscienza, alimentano i contrasti tra le comunità umane, erigono i muri dell’intolleranza, sfruttano la pretesa influenza morale dei loro esponenti garantendone tutele e privilegi politici ed economici.
Perché essere anarchici a Trapani
La presenza degli anarchici a Trapani non è un fatto episodico che nasce dal nulla.
Da più di dieci anni, infatti, gli anarchici offrono in questo territorio il loro contributo costante nelle lotte, nelle iniziative e nelle analisi su temi di stringente attualità come l’antirazzismo, la difesa del mondo del lavoro, l’antimilitarismo, l’antifascismo, l’antimafia, le questioni di genere.
Quello in cui viviamo è un territorio in cui la violenza e l’arroganza del potere si dispiegano ogni giorno. Trapani è una città dall’economia sostanzialmente depressa, dove una borghesia reazionaria tiene saldamente le redini della vita politica ed economica con l’unico obiettivo di garantire per sé ogni privilegio e alimentare nell’opinione pubblica un’attitudine conservatrice e refrattaria al cambiamento.
La carta del turismo, spacciato come mirabile volano dell’economia cittadina, è stata giocata per favorire gli interessi dei grandi proprietari attraverso la speculazione immobiliare e la trasformazione del centro storico in un “salotto buono” blindato a uso e consumo dei turisti, ma svuotato delle sue antiche peculiarità aggregative, sociali e produttive.
All’ombra dei riflettori, il resto del territorio urbano fotografa l’oscena divaricazione tra chi ha troppo e chi ha troppo poco: i quartieri periferici e popolari, poco più che dormitori a cielo aperto, sono abitati da persone che a fatica riescono a mettere insieme il pranzo con la cena, mentre i servizi sociali sono drammaticamente carenti a fronte di un disagio sempre crescente. Le aree verdi in città sono praticamente assenti, e la cementificazione del territorio è l’unico orizzonte verso il quale si muovono gli interessi della classe politica, minacciando di volta in volta il porto, le zone umide, la campagna circostante.
Trapani, città di frontiera della “Fortezza Europa” che una stolida retorica dipinge come snodo virtuoso di un Mediterraneo solidale, è invece mortificata da anni dalla presenza di un Centro d’Identificazione ed Espulsione per immigrati, il “Serraino Vulpitta”, che presto sarà sostituito da un più grande e terribile campo d’internamento in contrada Milo che dà la misura dell’intrinseca violenza del razzismo di Stato. Uno Stato che in questo territorio manifesta da sempre la sua forza militare con la presenza della caserma cittadina e della base Nato di Birgi, uno degli avamposti più importanti del sistema militare atlantico.
Questo stato di cose è naturalmente benedetto dalla Chiesa locale, un’istituzione saldamente radicata nel tessuto sociale attraverso le parrocchie, le associazioni, e tutte quelle strutture che garantiscono il pieno controllo degli individui secondo i dettami delle gerarchie cattoliche.
Come una cappa, invisibile solo agli occhi di chi non vuol vedere, aleggia su tutto la presenza della mafia, una mafia dei salotti che può contare su una borghesia complice e un’omertà diffusa: un potere assolutamente compenetrato al sistema di dominio che plasma questo territorio condizionandolo culturalmente, politicamente ed economicamente.
Cosa vogliamo
Quello che vogliamo è un cambiamento profondo e radicale dell’organizzazione sociale, un processo rivoluzionario che parta dal basso ponendosi in netta antitesi nei confronti di tutto ciò che, a Trapani come ovunque, impedisce il progresso umano e calpesta la piena uguaglianza e la concreta emancipazione degli individui.
Non è una scommessa facile, ma – essendo anarchici – ne siamo perfettamente consapevoli e, assai modestamente, daremo il nostro contributo.
Il nostro impegno sarà rivolto alla promozione della cultura e della prassi libertarie intervenendo sulle questioni sociali e politiche attraverso l’azione diretta improntata – con chiarezza e a viso aperto – all’autogestione, all’autogoverno, alla cooperazione, all’orizzontalità delle decisioni, alla promozione di pratiche che valorizzino l’autorganizzazione delle donne e degli uomini al di fuori e contro la logica della delega. Il nostro impegno sarà rivolto alla diffusione dei valori della libertà, lottando per l’uguaglianza, per la solidarietà tra i popoli, contro ogni fascismo e ogni discriminazione. Cercheremo di creare spazi di libertà nell’informazione, nella produzione e nella distribuzione, nella cura del territorio.
Saremo aperti, com’è naturale per le anarchiche e gli anarchici, al confronto con tutte le forze sociali e politiche sinceramente progressiste che vorranno rapportarsi con noi in maniera leale e trasparente, nel rispetto delle reciproche differenze, condividendo quegli ambiti di intervento in cui sia valorizzata l’autonomia degli individui e dei gruppi sociali.
Ma prima di tutto, saremo aperti alle donne e agli uomini di questa città, agli oppressi, ai lavoratori, agli studenti, a tutti coloro che vorranno in prima persona, qui e oggi, gettare le basi per una società più equa, libera, solidale e vivibile.
«Noi vogliamo per tutti pane, libertà, amore, scienza».
Gruppo Anarchico “Andrea Salsedo” – Trapani
gruppoanarchicosalsedo@gmail.com

Brevi cenni biografici su Andrea Salsedo
L’anarchico Andrea Salsedo nacque a Pantelleria, il 21 settembre 1881.
Nei primi anni del Novecento sull’isola venivano confinati molti militanti rivoluzionari – socialisti, repubblicani, anarchici – e, tra questi, Luigi Galleani.
A Pantelleria, l’anarchico Galleani fondò un Circolo Sociale, una specie di scuola popolare frequentata da alcuni giovani panteschi, nella quale si potesse innanzitutto imparare a leggere e scrivere, e si potesse discutere di politica, anarchia e radicalismo sociale. Andrea Salsedo diventò uno dei più assidui frequentatori di quella scuola popolare.
Dopo aver frequentato le scuole tecniche, per qualche tempo Salsedo lavorò come scrivano presso la locale pretura, dalla quale venne licenziato per le sue idee anarchiche. L’11 novembre 1900 subì un primo processo, senza conseguenze, per una corrispondenza pubblicata sull’Avvenire Sociale di Messina. Durante le elezioni amministrative del 1902 svolse attiva campagna astensionista affiggendo dei manifesti ai muri delle case di Pantelleria. Collaborò al periodico La Falange di Marsala-Mazara, fatto chiudere d’autorità, dopo soli quattro numeri, il 30 gennaio 1904.
Dopo aver vissuto a Tunisi, Andrea Salsedo partì per gli Stati Uniti d’America, giungendo a New York nel 1906. Proprio qui ritrovò Luigi Galleani. I due lavorarono a un progetto di informazione alternativa per gli anarchici newyorkesi, la rivista Cronaca Sovversiva. In seguito, Salsedo – ormai stabilmente residente a New York – divenne tipografo, editore e sindacalista.
Insieme ad altri anarchici e antimilitaristi italiani, Andrea Salsedo fuggì in Messico per sottrarsi alla chiamata alle armi.
Al suo rientro negli Usa, il 25 febbraio del 1920, in un clima di feroce repressione nei confronti dei militanti di sinistra, gli agenti dei servizi segreti lo arrestarono per interrogarlo su alcuni opuscoli di propaganda.
Salsedo (a cui fu negata la possibilità di telefonare al proprio avvocato) fu trattenuto e sottoposto per mesi a interrogatori, nei quali – secondo la testimonianza di un altro fermato – subì violenze e torture. Il 3 maggio 1920 fu scaraventato dal quattordicesimo piano del Park Row Building, il grattacielo dove si trovavano gli uffici del Ministero della Giustizia. Il caso fu archiviato come suicidio (una storia tragicamente analoga a quella del ferroviere anarchico Pino Pinelli, morto innocente nei locali della questura di Milano nel 1969, dopo la strage di Stato di piazza Fontana).
Per fare luce sulla morte di Salsedo, si mobilitarono anche Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, anarchici italiani emigrati negli Usa che, poco prima di tenere un comizio sul caso Salsedo, furono arrestati per un crimine mai commesso.
Nel 1927 Sacco e Vanzetti furono giustiziati sulla sedia elettrica, e solo nel 1977 Michael Dukakis, governatore dello Stato del Massachusetts, riconobbe ufficialmente le ingiustizie commesse nel processo, riabilitando completamente la memoria di Sacco e Vanzetti.

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