Intervento di Pippo Gurrieri all’assemblea del Movimento dei Forconi

Sampieri, 1-2-2012

Io vengo da Ragusa, e mi vergogno di essere ragusano (applausi); Ragusa è stata l’unica città assente dalla lotta, e alcuni di noi per sentirsi vivi e partecipi, siamo dovuti andare ai blocchi di Modica.

Io faccio il ferroviere; nella nostra categoria già da almeno vent’anni abbiamo mandato affanculo i sindacati e ci siamo messi in proprio, per conto nostro; tutte le lotte che abbiamo fatto le abbiamo fatte da noi, senza capi, senza burocrati. (applausi) Noi conosciamo chi sono i sindacalisti. Il capo delle ferrovie, Moretti, quello che sta distruggendo il sistema ferroviario in tutta Italia, era il segretario della CGIL del settore, e ha fatto così bene il mestiere di sindacalista, da essere preso per dirigere l’azienda che avrebbe dovuto combattere. Per questo noi non ci dobbiamo fidare di questa gente, e dobbiamo decidere da noi come portare avanti i nostri interessi.

In questi giorni tutti i politici ci raccontano che sono d’accordo con le ragioni del movimento, però, aggiungono, non con i suoi metodi. Certo, perché vorrebbero che le gente andasse dietro a loro, è questo il metodo democratico che ritengono corretto.

Io sono figlio di un bracciante; mio padre è morto da alcuni anni, causa malasanità; dal dopoguerra entrò nella Camera del Lavoro per organizzare i braccianti; quando la Camera del Lavoro, fino agli anni settanta, organizzava gli scioperi generali, mio padre mi portava con sé, perchè la mattina presto si organizzavano i blocchi stradali; non si faceva uscire nessuno per andare a lavorare. Questi erano i metodi di lotta; questa è l’eredità di gente come mio padre, come i nostri padri, cioè lo stesso che è stato fatto nei giorni scorsi.

C’era uno scrittore, Geoge Orwell, che negli anni 50 scrisse una favola: La fattoria degli animali; raccontava che gli animali della fattoria, stanchi di essere trattati male dai padroni, un giorno si ribellarono, e riuscirono a vincere, facendo fuggire i fattori. Divennero i padroni della fattoria. Lo slogan della rivolta era “gli animali sono tutti uguali”. I maiali, che riscuotevano la fiducia degli altri animali, divennero i capi della rivolta, e si trasferirono nella casa dei fattori; dopo un po’ allo slogan venne aggiunto “Ma alcuni animali sono più uguali degli altri”. Una sera alcuni animali guardando attraverso la finestra, videro che i porci camminavano in piedi, si vestivano come i fattori, mangiavano come loro; insomma, erano diventati come i vecchi padroni. (Applausi e risate). U pisci feti ra testa, come dice il proverbio. (applausi).

– Mariano Ferro interrompe: “io non voglio fare la fine del porco”.

Io voglio solo dire che votare o non votare, non è questo il problema; io non ho mai votato per principi perchè non credo in quella gente, ma credo in me stesso; quello che conta è come esercitare un controllo sui leaders, poter dire a Mariano Ferro che sta sbagliano, come tirargli la giacca o le orecchie, come farlo dimettere, se non fa le cose che il movimento vuole; se manca questa condizione, Ferro o pinco pallino, andrà a far parte della casta, perché non è l’uomo, neanche il migliore di tutti noi, che può cambiare il potere, ma è il potere che cambia l’uomo. (applausi). Quindi il problema è organizzarsi in maniera da continuare ad imporre le nostre esigenze, poter controllare quello che fanno nel palazzo, e se poi il palazzo sarà vuoto, perché li avremmo cacciati via, meglio così: ci metteremo le pecore o le galline o i senza tetto. Ma il movimento deve darsi strumenti per continuare ad essere vivo, per esercitare il suo potere decisionale; se manca questo i rappresentanti faranno quello che vorranno; non bisogna tornare a casa, bisogna rimanere protagonisti, nei comitati, nei paesi; e non per un momento, ma per sempre; è questa l’unica garanzia per ottenere una vittoria. (applausi).

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