Concordato: con chi? Con noi no!

Concordato: con chi? Con noi no!

Quando al danno del privilegio si aggiunge la beffa della legalità costituzionale

Poche settimane fa il presidente del consiglio Monti si è recato dal papa per un colloquio privato. La stampa si è affrettata a sottolineare che Monti non si è inginocchiato, né gli ha baciato l’anello. Forse se ne è sentito dispensato, dato che al tedesco pastore l’infornata calda calda di ministri provenienti dagli ambienti più clericali e papalini deve essere stata molto più gradita di un poco sostanzioso bacetto. Pare, inoltre, che il papa abbia detto a Monti: “avete cominciato bene”. Eccome! Mentre su diritti e spesa sociale il governo ha usato asce e spadoni, ignorando ogni protesta in nome dell’emergenza e della responsabilità, per il Vaticano, pur preannunciando riduzioni ai privilegi, non ha posto mano neanche alle forbicine per i peluzzi del naso. Se ne potrà meravigliare qualche illuso della democrazia parlamentare e delle istituzioni democratiche, non certo chi le connivenze tra manganello ed aspersorio le denuncia da quando esistono. E allora, per rinfrescarci la memoria, guardiamo brevemente cosa è successo in Italia, tra Stato e Chiesa, dal fascismo in poi. Il matrimonio tra il regime fascista e la chiesa cattolica, celebrato l’11 febbraio del 1929, aveva un significato riparatore, nel senso che tendeva a rimarginare la ferita che l’ideologia liberale e risorgimentale aveva inferto alla tradizione teocratica e medievale del potere temporale, con la presa di Roma, il 20 settembre 1870. Il 13 febbraio 1929 Pio XI definiva Mussolini “luomo che la Provvidenza Ci ha fatto incontrare”: un incontro veramente provvidenziale se si pensa che al nuovo stato vaticano venivano riconosciute esenzioni fiscali e concessioni finanziarie pari a circa sette miliardi di euro attuali. Inoltre il riconoscimento della religione cattolica come sola religione dello Stato, l’introduzione del matrimonio concordatario e l’insegnamento della religione nelle scuole, per citare solo i provvedimenti più importanti, accordavano alla Chiesa una posizione di monopolio incontrastato nella sfera morale e pedagogica. Altrettanto cospicui erano i vantaggi per il regime fascista, che adesso poteva disporre di una vastissima e capillare rete per l’organizzazione e la gestione del consenso, un esercito agguerrito di preti, monache e monaci con annesse parrocchie e conventi. Il crollo del regime e la lotta partigiana dettero l’illusione che si potesse farla finita con privilegi ed elargizioni. Ma non s’erano fatti i conti con la ragion di stato. Dopo gli accordi di Yalta all’Italia era toccata l’influenza angloamericana, con il delicatissimo ruolo di cerniera con la zona orientale, territorio incontrastato di Stalin. Dopo poco più di un mese dal vertice, Palmiro Togliatti, il capo dei comunisti nostrani, annuncia “la svolta di Salerno”. Questa svolta significa che i monarchici ed il capo del governo, il maresciallo fascista Badoglio, da nemici del popolo si trasformano nel punto di riferimento di una nuova unità nazionale. Come si vede, la grande ammucchiata di Monti, i governi tecnici, l’unità nazionale ed il compromesso storico non sono che puntate precedenti della stessa telenovela. Togliatti, che poi sarà anche vicepresidente del consiglio e ministro di grazia e giustizia, dopo essersi adoperato per disarmare i partigiani, nel giugno del 1946 dà l’amnistia ai fascisti. Intanto, nell’Assemblea Costituente, eletta il 2 giugno per riscrivere la costituzione, si discute dei rapporti tra Stato e Chiesa. Socialisti, partito d’azione e liberali sono contrari ad inserirli nella Costituzione. Scrivere, come fa il primo comma dell’articolo 7, “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovraniè come dire che l’Italia ed un qualsiasi altro stato sono indipendenti e sovrani, cioè sono due stati distinti. Ma il potere non si ferma davanti all’ovvio, né al ridicolo. De Gasperi, il capo dei democristiani, non sente ragioni, e Togliatti, per quel “senso di responsabilità” che, dalla nascita, accompagna i comunisti, si convince. Allora i cattolici insistono perché nella Costituzione venga richiamato il Concordato del ’29. Togliatti si oppone fermamente e fino alla vigilia del voto difende il principio di uno Stato laico. Ma solo fino alla vigilia: poi, con un voltafaccia che sorprende gli Alleati, i suoi compagni e gli stessi cattolici, Togliatti annuncia il voto a favore dell’articolo 7, che al secondo comma recita: “I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.” I comunisti sapevano bene che l’articolo 7 era in contraddizione con i principi di uguaglianza (art. 3) e di libertà religiosa (art. 8). Questo articolo, inoltre, attribuisce valore costituzionale ad un semplice trattato tra Stati, ed è congegnato in modo tale da non potere essere abrogato né con un referendum (art. 75), né unilateralmente con una legge ordinaria (art. 138), né per iniziativa legislativa popolare (art. 80). Se sul piano politico è una schifezza, su quello giuridico è una trappola. Quarantacinque anni dopo l’ex socialista Mussolini toccava al socialista Craxi, il 18 febbraio 1984, il compito di aggiornare i rapporti tra Stato e Chiesa. Con il nuovo Concordato scompariva il riferimento alla religione di Stato, eliminando così uno dei due fondamenti dei Patti Lateranensi. Si arriva, così, all’assurdo di un articolo della Costituzione costruito sopra un presupposto inesistente. La perdita della qualifica di “sola religione dello Stato” e della obbligatorietà dell’ora di religione nelle scuole veniva ricompensata con l’introduzione dell’ora di religione nelle scuole materne e, soprattutto, sostituendo il vecchio sistema della congrua col meccanismo dell’8 per mille, molto, molto più vantaggioso per la Chiesa. E tutto alla luce del giorno, con il marchio della legalità ed il sigillo della Costituzione. Non c’è bisogno di essere anarchici, allora, per capire che la Costituzione non è, come vogliono farci intendere, la sintesi dei valori su cui si fonda una società. È, piuttosto, un comodo ombrello all’ombra del quale i politici di ogni risma dettano le regole “legali” per continuare a dominare gli sfruttati a favore dei padroni. Con l’inestimabile supporto del clero.

Aesse

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