QUELLA STRAGE NON FU UN ROMANZO

QUELLA STRAGE NON FU UN ROMANZO

La memoria dei fatti di piazza Fontana dovrebbe essere un patrimonio collettivo ben piantato nelle teste e nei cuori di tutti gli italiani.
Eppure, soprattutto tra i più giovani, la conoscenza delle circostanze legate all’orribile strage del 12 dicembre 1969 non è assolutamente scontata.
Dietro a questa inconsapevolezza non ci sono soltanto i depistaggi e le tante menzogne che per anni hanno garantito l’impunità dei massacratori e dei loro complici, ma ci sono anche i vecchi e nuovi revisionismi della storia, le speculazioni di chi confonde l’opinione pubblica per promuovere una irrispettosa “pacificazione&rd quo; tra vittime e carnefici.

Quella di piazza Fontana fu una strage di stato. L’estrema destra fascista, con la regia dei servizi segreti italiani e americani, massacrò 17 persone e ne ferì 88. Si trattò del primo grande attentato terroristico (già preceduto da altre provocazioni simili) che inaugurò la strategia della tensione. In un momento di grande effervescenza
della società italiana (si pensi alle proteste studentesche, alle lotte dei lavoratori, al profondo cambiamento culturale del paese), la risposta dello stato doveva essere durissima e spietata: creare un evento traumatico per terrorizzare l’opinione pubblica, trovare un capro espiatorio, criminalizzare l’opposizione sociale e soffocare le lotte di emancipazione attraverso una svolta autoritaria.

Per questa strage furono subito incolpati gli anarchici. Giuseppe Pinelli, un compagno anarchico che di lavoro faceva il ferroviere, fu interrogato per tre giorni di seguito su disposizione del commissario Luigi Calabresi. La sera del 15 dicembre veniva scaraventato dalla finestra dell’ufficio di Calabresi, al quarto piano della questura di Milano. La polizia si affrettò a precisare, con una serie di palesi bugie, che si era trattato di un suicidio dettato dal rimorso. E invece, Pinelli era innocente, e gli anarchici con quella bomba non avevano proprio niente a che fare.

La campagna di controinformazione promossa dagli anarchici, dalla sinistra extraparlamentare e da autorevoli figure della cultura e del giornalismo del nostro paese riuscì a stabilire la realtà dei fatti: la bomba l’avevano messa i fascisti per conto dello stato. Dopo un drammatico calvario processuale, l’anarchico Pietro Valpreda – accusato di aver piazzato la bomba – fu assolto.

Anche se, dopo quarantadue anni, i veri colpevoli sono rimasti impuniti (perché difficilmente lo stato condanna se stesso), in numerose sentenze sono più volte emerse le chiare responsabilità e le oggettive complicità degli apparati dello stato e della manovalanza neonazista.

Questa è la storia della strage di stato, e non ce ne sono altre.
Una storia dannatamente vera.

Individualità anarchiche
Gruppo Anarchico “Alfonso Failla” – FAI Palermo

c/o Spazio di Cultura Libert’Aria
via Lungarini, 23 – Palermo

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