Il fatto nuovo

Ci sono vari significati politici dietro l’esito elettorale del 28 ottobre in Sicilia. Il più significativo è senza alcun dubbio il grande rifiuto della maggioranza degli aventi diritto al voto, a partecipare alla farsa elettorale. Dalle ultime consultazioni regionali, un 20% in più di astensioni, che ha abbassato il numero dei votanti al 47,42%: fatto mai accaduto in una elezione italiana.
Oltre 2 milioni e duecentomila siciliani hanno, non solo tolto il loro consenso ai politici di tutte le formazioni, ma li hanno letteralmente delegittimati, e con essi il futuro governo regionale e le politiche che metterà in campo. Governo che nasce da una coalizione vincitrice con uno scarso 15% rispetto agli iscritti alle liste elettorali.
E dunque il fatto nuovo che abbiamo tutti davanti è questo sconvolgimento delle carte in tavola, questo smascheramento della democrazia parlamentare, questa scelta – perché di scelta si tratta – di voltare le spalle al marciume politicante. Un grande grido di protesta che adesso miete paura perchè può essere contagioso, e soprattutto ingovernabile.
Qualcuno ha dichiarato che è stata la mafia a non dare indicazioni di voto, favorendo l’astensione; se così fosse non si spiegherebbe l’ampiezza del fenomeno anche in zone tradizionalmente estranee al controllo mafioso dei voti.
Siamo di fronte ad un comportamento di massa che converge nella decisione (per molti non facile, perché non votare, la prima volta, è un po’ come rompere il cordone ombelicale con lo Stato) di fare a meno dei partiti, anche se, per adesso, non è parte di un progetto di scavalcarli del tutto e far da sé; progetto che in parte potrà nascere come conseguenza logica della rottura provocata, ma in gran parte dovrà essere costruito all’interno della protesta, e lungo le strade della resistenza, della mobilitazione, dell’autorganizzazione.
L’astensione ha tolto consenso anche al Movimento 5 Stelle, che, anche nelle nostre analisi, avrebbe potuto essere una sorta di valvola di sfogo filo-istituzionale (e in parte lo è), ma che, di fatto, è stato mandato a quel paese dalla maggior parte dei siciliani maggiorenni. Il presunto boom di questo movimento, che raggiunge il 15% del 47% dei votanti (quindi un 7 e qualcosa per cento), non c’è stato, e il suo relativo successo va ricondotto al malcontento degli elettori dei vari schieramenti concorrenti, che stavolta si sono affidati nelle mani del nuovo “uomo della provvidenza”, e dei suoi quattro sconosciuti attivisti dal programma tutto legalitario e perbenista, proteso a rimettere in sesto le istituzioni, riverniciandole di efficienza, umiltà e popolarità.
I risultati fanno giustizia anche di Mariano Ferro e del Movimento dei Forconi (1,5%, cioè 0,7 reale), distruggendo quanto aveva costruito solo 10 mesi fa, non solo in mobilitazione, ma anche in speranze diffuse e in spirito di lotta. Lo avevamo detto e predetto che sarebbe stata la fine dei “forconi”, quelli che dovevamo mandare a casa la classe dirigente, e sono stati mandati a casa dalla maggioranza della popolazione.
Dalle elezioni siciliane escono tutti sconfitti; tutti i partiti (e Grillo stesso), non a caso sono stati acerrimi nemici dell’astensionismo, e tutti ancora continuano con la loro retorica sul cambiamento in atto, fingendo di ignorare il fatto nuovo che, invece, li dovrebbe indurre a dimettersi e tornare a casa.
Cambiamento con il PD al governo (dov’è stato da oltre due anni)?, che forse dovrà allearsi con Miccichè e quelli di Lombardo per avere una maggioranza stabile? cambiamento perché quindici ragazzotti a 5 Stelle faranno i bravi onorevoli, facendosi chiamare “cittadini”? Cambiamento perché su 90 deputati 15 sono donne?! Ci sembra surreale e irreale. Una presa per i fondelli che non funziona più.
Per noi astensionisti non c’è certo di che cantare vittoria. C’è, semmai, da intercettare il malcontento crescente, la disponibilità delle frange più coscienti protagoniste di questo rifiuto elettorale, ad agire di conseguenza facendo crescere e rafforzando un movimento dal basso, estraneo alle istituzioni, portatore di cambiamento vero: giustizia sociale, eguaglianza, autogoverno, libertà.

Pippo Gurrieri

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