Vuoto di potere e spinta dal basso

L’unico dato certo delle elezioni del 24 e 25 febbraio è il forte incremento dell’astensionismo, che ha toccato il numero di 12 milioni (25%), cifra più alta da quando esiste la Repubblica italiana, con un più 6% rispetto alle precedenti consultazioni politiche. Il fenomeno Movimento 5 Stelle altro non è, alla luce di questo dato, che una ricomposizione del blocco votaiolo all’interno del quadro dato, con uno spostamento di voti dal PD, dal PDL e dalle schegge di quella che fu la sinistra verso la lista di Grillo. Definirlo voto di protesta è inappropriato; il voto dei delusi da Berlusconi e dei disillusi del centro sinistra è semmai voto di conservazione, che convive con altre manifestazioni di dissenso, di alternativismo, od anche semplicemente qualunquiste; in ultima analisi votare Grillo è come attaccarsi all’ultimo carro di un treno che possa garantire la legalità e la rifondazione dello Stato su basi di onestà ed equità. Grillo non recupera sul malcontento dilagante, si limita a raccogliere i delusi dalle passate esperienze, e infatti non riesce ad arginare la crescente disaffezione verso la pantomima parlamentare e democratica, ormai in continua ascesa, che nelle regioni del Sud ha già superato il 40%.

Quello che esce dai risultati elettorali è certamente un parlamento paralizzato, con i partiti costretti ad operazioni di alta aritmetica politica per far quadrare i numeri di una qualsiasi combinazione governativa; operazione che difficilmente riuscirà ad evitare una prossima tornata elettorale, che conterrà molti più paradossi dell’ultima, a cominciare dal fatto che il porcellum, arma letale inventata da Berlusconi e Calderoli, ma avallata dal PD, possa ritorcersi contro i suoi sostenitori e favorire i grillini, concedendogli un’ampia maggioranza, cioè regalandogli il governo del Paese.

Ma questi sono problemi di natura squisitamente politica, che non ci interessano più di tanto. Abbiamo sempre sostenuto, parafrasando Louise Michel, che con il maggioritario o con il proporzionale, e con le successive porcate, il potere è sempre maledetto, e quindi le elezioni restano sempre una truffa. Però la fase che stiamo attraversando è assai delicata. Nel Paese più corrotto al Mondo, dove ancora comandano la chiesa e la mafia, e dove tutto questo rientra nella normalità, non possiamo escludere a priori che altri esempi di arretratezza sociale possano fare capolino. Il vuoto di potere che si sta aprendo, e che potrebbe durare a lungo, potrebbe suscitare appetiti e fughe in avanti da parte di forze repressive e golpiste; già certi assaggi apparentemente “normali” li abbiamo avuti con il governo tecnico che si avvia a tramontare; nulla esclude che l’impasse politica possa richiedere l’intervento di nuovi salvatori della patria, magari appoggiati dall’UE e istruiti dalla CIA. Il potere reale, quello delle banche, della chiesa, delle lobby d’ogni genere, è sempre molto forte, ma abbisogna di un apparato efficiente per poter continuare a fare i propri interessi; senza un governo stabile, la macchina del consenso e la facciata legislativa e normativa che permettono il quotidiano ladrocinio e il funzionamento dell’apparato gerarchico, rischiano di compromettersi. Se le elezioni non sono in grado di assicurare tutto questo, il potere reale del Paese (con tutti i suoi addentellati e le sue dipendenze estere) provvederà. Questo significa una gestione della società, e sopratutto del conflitto sociale, senza scrupoli e remore, senza regole, con l’alibi morale della necessità di salvare la patria.

Sono questi motivi sufficienti perché si accentuino, dentro l’impasse presente e (forse) futura, gli impatti di tutte quelle lotte e tutte quelle esperienze che producono riappropriazione di spazi di libertà non solo materiali, ma anche politici e culturali, gran parte delle quali si riconoscono nella pratica astensionista, cioè non riconoscono a nessun governo il diritto di imporre gli interessi dei più forti e degli oppressori sulla maggior parte della popolazione. Solo costruendo un ampio fronte dei movimenti, la società reale potrà realizzare quell’autogoverno, quella spinta da basso, che cambia lo stato di cose presente e difende ogni conquista con la determinazione della lotta popolare.

Pippo Gurrieri

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