BUONGIORNO SICILIA

SABATO 22 FEBBRAIO, ORE 9,30, CALTANISSETTA

MANIFESTAZIONE NO MUOS

IN OCCASIONE DELLA MOBILITSAZIONE NAZIONALE CONTRO LA REPRESSIONE DEI MOVIMENTI DI RESISTENZA E DI LOTTA.

CONCENTRAMENTO IN PIAZZA FALCONE-BORSELLINO

 

SABATO 1 MARZO, ORE 14,30, NISCEMI

MANIFESTAZIONE NAZIONALE NO MUOS

CONCENTRAMENTO CONTRADA PISCIOTTO (INGRESSO AREA ATTREZZATA SUGHERETA), ARRIVO CANCELLO 4 (NEI PRESSI BASE MUOS)

 

BUONGIORNO SICILIA

Tra il 24 e il 26 gennaio sono state montate le parabole del MUOS, sotto lo sguardo vigile ma impotente degli attivisti, che hanno monitorato, controllato, documentato i lavori al cantiere senza poter intervenire per ostacolarli, se non in maniera limitata e insufficiente. I tentativi di intercettare i mezzi delle ditte sono andati a vuoto. L’appello a una mobilitazione straordinaria per la giornata del 25, benché sia stato accolto da numerosi militanti, non ha portato in contrada Ulmo un numero adeguato di persone tale da poter attivare azioni di contrasto dei lavori in corso. L’appello della mattina rivolto alla popolazione non ha sortito l’effetto sperato; lo stesso è accaduto nel pomeriggio, in seguito all’incatenamento di due compagni al cancello n.1 della base americana: lo speakeraggio in città non ha smosso i niscemesi. Da soli, gli attivisti accorsi, nonostante la rabbia in corpo, non sono stati in grado di reggere la situazione.

Adesso possiamo dire che il MUOS è stato completato e si è entrati nella fase delle prove tecniche e degli annunciati rilevamenti delle sue emissioni; si chiude il cerchio mondiale della rete MUOS che già nel 2015 potrebbe entrare in pieno funzionamento.

Cosa cambia nella strategia della lotta del movimento NO MUOS?

A dire il vero poco, per quanto non va sottovalutato l’impatto psicologico negativo provocato dall’innalzamento delle tre parabole. Ma dal punto di vista dell’obiettivo di impedire la costruzione del MUOS cambia davvero poco: i lavori procedono da oltre due anni; se lo si fosse potuto bloccare un anno fa o sei mesi fa, avrebbero già dovuto smantellare quanto di costruito e assemblato; adesso c’è solo da smantellare di più.

Certamente l’impatto psicologico è notevole; non sono nemmeno rari i casi di tutte quelle cassandre che ieri hanno remato contro la lotta (magari in maniera subdola) e adesso sostengono che non c’è più niente da fare. Per quella fetta di popolazione che veniva al presidio, quella che ha animato le manifestazioni, lo sciopero generale, l’invasione della base del 9 agosto e in parte anche i blocchi stradali, il completamento del MUOS ha avuto lo stesso effetto di un pugno allo stomaco – come ha detto benissimo un attivista a una recente assemblea – e bisogna dare il tempo che l’effetto finisca e si torni a respirare regolarmente. Del resto i problemi, sin’ora ipotizzati, sugli effetti nefasti della struttura sulla salute delle persone e sull’ambiente cominceranno proprio adesso, con il suo funzionamento, sommandosi a quelli delle 46 antenne NRTF; se prima erano gli allarmi a scuotere le coscienze, adesso che ci troviamo in piena emergenza, dovrebbe corrispondere una maggiore partecipazione. E’ solo questione di tempo.

Anche all’epoca della lotta di Comiso il completamento dei lavori alla base NATO e l’arrivo degli euromissili, dopo tre anni di intensa mobilitazione, comportò un diffuso senso di impotenza; ma proprio Comiso ci dimostra che le basi, così come vengono costruite possono essere smantellate, non importa per quali motivi, se per un freno alla costosa corsa agli armamenti o per mutamento di strategie belliche o per la forte pressione popolare.

Il pesante clima repressivo che ha avvolto il movimento, guarda caso in coincidenza con il completamento dei lavori, ha senza alcun dubbio creato qualche defezione e più d’un ripensamento rappresentando un deterrente per la popolazione, che ha dovuto mettere sul piatto della bilancia di un suo maggiore coinvolgimento, anche il peso dei rischi connessi a denunce, multe, ecc. E costringere il movimento e chi lo segue e vi simpatizza, all’angolo, alla difesa, è senza dubbio uno degli obiettivi del governo italiano, per liquidare la fastidiosa resistente, a tratti tanto intensa da aver rischiato di mettere veramente in discussione il progetto MUOS.

Si tratta dunque di attrezzarsi per un lavoro lungo e paziente; un lavoro che non si gioca tutto in una singola iniziativa particolarmente incisiva ma in una strategia di pressione costante che deve rafforzare l’opposizione al MUOS a vari livelli: a Niscemi in primo luogo, perché questa è la “trincea” della lotta, ma contemporaneamente in tante altre località, dove è rimasta appannaggio di minoranze e non è diventata di massa; l’intera isola deve protestare contro il progetto infame, scendere in piazza in maniera corale, contagiare le altre regioni, contribuire allo sviluppo di un movimento contro il MUOS a livello nazionale. Perché questo è stato il limite che ha permesso – o almeno facilitato – il completamento dei lavori: il mancato sviluppo di un movimento di massa diffuso su tutto il territorio nazionale e in grado di mettere in discussione le servili relazioni tra governo italiano e governo degli Stati Uniti. Come si costruisce un tale movimento? Innanzitutto superando i ritardi con cui tanti (soggetti e movimenti) si sono avvicinati a questo problema; ritardi incomprensibili se si pensa alle mobilitazioni pacifiste degli anni scorsi contro le guerre, assolutamente scomparse in questi due anni di lotta contro il MUOS, ancora oggi erroneamente percepita come una questione siciliana o peggio niscemese. Gli attivisti, i compagni, che hanno girato l’Italia per far conoscere la reale portata del progetto militare americano dovranno moltiplicare i loro sforzi in questo senso. Questa lotta non si vince senza una sua estensione nazionale e senza un  suo radicamento eccezionale sul piano locale. Tanto è il lavoro da fare e non c’è tempo per polemiche sterili e senso d’impotenza. Non vanno trascurati momenti, occasioni, appuntamenti istituzionali, partitici, sindacali, per contestare, attaccare, costruire consensi attorno al movimento e denunciare le responsabilità della classe politica siciliana in primo luogo, nel via libera ai lavori di costruzione dell’impianto di Niscemi. Non vanno trascurati nemmeno i complici del governo americano che a vario titolo hanno contribuito al dispiegarsi del progetto e alla sua realizzazione: sono tanti, e sono diffusi su tutto il territorio, e rappresentano dei micro obiettivi di una lotta dal basso che deve denunciarli e combatterli perché la loro responsabilità non è da meno di quella dei governi e delle forze armate coinvolte nella faccenda.

Il movimento NO MUOS ha un’agenda piena di appuntamenti, i principali dei quali sono la manifestazione contro la repressione del 22 febbraio a Caltanissetta e la manifestazione nazionale di Niscemi dell’1 marzo; il 22 si scende in piazza rispondendo all’appello del movimento NO TAV, soggetto a un pesante clima repressivo che usa gli articoli 280 e 280 bis del codice penale (reati di terrorismo) per arginare la lotta popolare e le azioni degli attivisti, e che il 13 gennaio ha visto l’arresto di quattro compagni anarchici. Il 27 marzo ci sarà una importante udienza del TAR sui ricorsi contro la riconcessione delle autorizzazioni da parte della Regione siciliana, scadenza questa che giunge con le parabole montate, ma che – nel quadro di una mobilitazione che proseguirà senza sosta – può rappresentare un altro occasione per far esplodere le contraddizione istituzionali, anch’esse utili e naturalmente non sostitutive della lotta dal basso.

Il movimento sta tentando di estendere la propria presenza su tutti quei temi che fanno da contorno alla lotta NO MUOS, come la questione migranti e la chiusura dei centri di detenzione e falsa accoglienza, e il processo di militarizzazione crescente del territorio siciliano, con il potenziamento del ruolo della base di Sigonella, l’uso dei droni, le campagne di addestramento sulle nostre coste; ma ha anche abbracciato problemi come quello della chiusura dell’ospedale di Niscemi, portando in piazza, su appello del comitato NO MUOS, migliaia di persone. Anche queste sono condizioni tra le tante per dare solidità alla resistenza contro l’invasione americana, per dare una boccata di ottimismo a quanti sono vittime dello sconforto, e rafforzare la fiducia in chi si è battuto con tutte le proprie forze in questi anni.

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