La centralità di Niscemi

Avevamo definito già alcuni anni fa l’installazione del MUOS, per la sua portata strategica e per l’impennata che veniva a subire la militarizzazione della Sicilia, come il fatto nuovo che cambiava gli scenari dell’impegno politico-sociale, costituendo il perno di una mobilitazione dalle caratteristiche locali e generali, capace di mettere in moto energie nuove e conflitti radicali. Le molteplici conferme e il coinvolgimento di migliaia di attivisti e di fette di popolazione nel tentativo di bloccare i cantieri del MUOS e gettare all’aria i progetti militari statunitensi, si sono rivelati una delle pagine più importanti della storia siciliana contemporanea.
La conclusione dei lavori principali al cantiere, lo scorso gennaio, se da un lato ha fatto diminuire l’intensità della lotta, dall’altra ha reso reali tutti gli allarmi, rendendo effettivamente grave quello che prima lo era solo potenzialmente o parzialmente. Nel frattempo, non solo non sono diminuiti gli scenari di guerra nel Mondo, ma ne sono comparsi di nuovi, come la crisi ucraina che rischia di deflagrare in un nuovo e distruttivo conflitto bellico trasformando il cuore dell’Europa in un campo di battaglia per le forze imperialiste e le potenze finanziarie. Una regione fortemente militarizzata come la Sicilia, al centro delle guerre americane degli ultimi 40 anni, ne potrà essere completamente coinvolta, sia come testa d’ariete, ma nello stesso tempo come uno degli obiettivi più ambiti.
L’antimilitarismo assume sempre più un significato centrale per ogni movimento sociale e politico, qualsiasi sia la sua natura fondante. A Niscemi e in Sicilia, quello contro il MUOS, benché arricchito da motivazioni collegate e complementari (salute, ambiente), è il primo movimento di massa dopo Comiso, che tenta di ostacolare le strategie belliche degli USA e dei loro satelliti.
Le pratiche libertarie, orizzontali, di base che l’hanno caratterizzato sono un salto di qualità nella storia delle lotte sociali in Sicilia, un grande valore che ha permesso l’estensione a settori sociali e territori diversi, delle metodologie di azione diretta, di impegno in prima persona, di rifiuto delle gerarchie politiche e delle forme sclerotizzate e partitiche che hanno condizionato la lotta sociale.
I blocchi stradali e il confronto quasi quotidiano con le forze del dis-ordine; la sfida coerente alle truppe d’occupazione e le violazioni del divieto di penetrare dentro la base della marina militare, l’invasione di massa o di piccoli gruppi della stessa; il contrasto al potere, alla mafia e ai loro ricatti; la costruzione di un fronte ampio e dal basso, politico, sociale, culturale, artistico, scientifico… sono ormai una pietra miliare nell’esperienza individuale e collettiva di migliaia di persone: Una esperienza profonda, continuata, partecipata, traino per altre lotte, esempio sia in quanto a metodi sia in quanto a trasmissione di coraggio e dignità.
Pur con tutte le differenze del caso, se una mobilitazione somiglia più di tutte a quella del movimento NO TAV, questa è quella del movimento NO MUOS. Per questo la centralità di Niscemi non può essere messa in discussione; e tutti i protagonisti hanno il “dovere” di portare sino in fondo questa battaglia. Oltre tutto, l’esposizione di centinaia di compagni rischierebbe – qualora si abbassasse la guardia – di lasciarli al centro di un vero e proprio ciclone repressivo, dato che prima o poi arriverà il momento della vendetta dello Stato, coi processi, le decisioni e le sentenze e ancora altra repressione, e bisogna arrivarci con un movimento in piena forma e in grado di mobilitare nuove forze per trasformare quelle occasioni in altrettante situazioni di propaganda e di lotta contro il MUOS.
La centralità di Niscemi non cancella né annulla ogni altro tipo di impegno, semmai li coniuga tutti all’interno di una dinamica conflittuale generale capace di consolidare il sorgere – dalle macerie del parlamentarismo, della delega, del riformismo, del qualunquismo comunque camuffato – di nuovi soggetti del cambiamento, uniti in un fronte anticapitalista, antimilitarista e – perché no? – antistatale.
Pippo Gurrieri

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