IL MOVIMENTO INVADE PER IL SECONDO ANNO LA BASE DELLA MARINA MILITARE USA

Il campeggio di lotta contro il MUOS del 6/12 agosto aveva soprattutto un compito: dimostrare che la lotta iniziata già diversi anni fa non si è fermata, anzi, è in grado di esprimere livelli alti di conflittualità. Nulla era dato per scontato. Da quando sono state montate le antenne (gennaio 2014) molte cose sono cambiate: un senso di rassegnazione si è impadronito della popolazione, mentre l’opinione pubblica ha subito pressioni molto forti aventi lo scopo di dare per finita la lotta. Parallelamente, una forte azione repressiva svolta “a freddo” ha colpito centinaia di attivisti, facendo incrinare quel fronte di lotta che aveva dato vita alla resistenza.

In questa prima metà dell’anno l’iniziativa non si è fermata né a Niscemi né altrove: la sede del comitato e del coordinamento in città è stata al centro di attività di vario spessore: doposcuola, mercatino del biologico, assemblee, feste, cineforum, ecc. Un’importante campagna sulla mancanza d’acqua ha preso piede coinvolgendo migliaia di niscemesi; è anche iniziata un’azione di informazione sullo stato della linea ferroviaria. I Comitati, per quanto ridimensionati nel numero e nella capacità di agire, hanno svolto numerose attività, compreso un NO MUOS Tour a partire da giugno. Attivisti niscemesi e di altre località siciliane sono stati in giro per l’Italia a promuovere la lotta e il campeggio, con la manifestazione nazionale del 9 agosto, la stessa data della manifestazione del 2013 che vide l’invasione di massa della base della marina militare USA.

La vigilia è preceduta dalla notifica di 29 fogli di via ad altrettanti compagni che il 9 agosto del 2013 erano stati denunciati per “resistenza e violenza a pubblico ufficiale”: nessuno di loro può entrare in territorio niscemese. Il segnale è chiaro e semplice: si rischia grosso a venire a Niscemi. Un altro segnale è il divieto a manifestare all’interno della Sughereta, come avvenne l’anno scorso; stavolta si mette davanti un documento dell’Azienda Forestale che proibisce ogni assembramento; si ripiega su un percorso diverso (lo stesso dell’1 marzo, ma con partenza dal presidio), sul quale, fino all’ultimo, la Questura non si esprime. Il 2 agosto, infine, il presidio permanente dei comitati viene saccheggiato in pieno giorno, in un momento di assenza dei compagni: distrutte le suppellettili della baracca, asportati i cavi elettrici, tagliati i tubi dell’acqua. Insomma, tutto si può dire, tranne che il movimento NO MUOS sia stato dimenticato.

Con queste incalzanti novità, in un clima di guerra sempre più generalizzato, dal Medio Oriente all’Iraq, dalla Libia all’Ucraina, che fanno assumere alla base NRTF di Niscemi (dove intanto il MUOS è acceso per i collaudi) un ruolo determinante, ci prepariamo all’estate di lotta. In paese si svolgono volantinaggi a tappeto (25.000 volantini diffusi), comizi volanti, riunioni per invitare la popolazione a partecipare. Il 6 agosto, alla presenza di alcune decine di campeggiatori, si inizia, e, mentre prosegue l’arrivo di compagni, il 7 sera 7 attivisti risalgono sulle antenne, esattamente come un anno fa, eludendo la sorveglianza delle forse del dis-ordine. L’appello che lanciano non è solo per una lotta ad oltranza contro il MUOS, ma è per la cessazione del genocidio di Gaza e per la fine delle guerre. Inevitabilmente i programmi del campeggio vengono stravolti; i dibattiti programmati hanno luogo mentre l’attenzione è rivolta ai 7 compagni: l’incontro sui conflitti viene incentrato quasi tutto su quello israelo-palestinese; quello delle realtà di lotta territoriali si sviluppa egualmente ma non riesce ad essere centrale come ci si era proposto. A latere e in seguito, c’è la necessità di definire le modalità del corteo del 9 e le strategie per ridare un segnale chiaro e forte ai governi americano e italiano a sostegno dell’obiettivo di smantellare MUOS e NRTF. Assemblee non prive di incomprensioni per la presenza anche di compagni al loro primo viaggio a Niscemi, e a volte palesemente a digiuno delle pratiche di lotta messe in campo in questi anni.

Il 9 l’afflusso di persone non è massiccio come gli anni precedenti, ma è comunque confortevole, perché dimostra che la lotta tiene e che gli obiettivi prefissati possono essere conseguiti. Un serpente di circa 2000 persone sfida il forte caldo e dal presidio permanente scende verso gli ingressi della base per dirigersi verso le antenne occupate; alle moltissime bandiere NO MUOS si sono affiancate tante bandiere palestinesi, ad esprimere una solidarietà non solo a parole, dato che l’occupazione delle antenne ha portato al loro spegnimento, quindi ad inceppare momentaneamente la macchina della guerra. Non sono molti i niscemesi, ma il clima è ottimo, la tensione quella giusta, la rabbia tanta. Giunti nei pressi delle antenne occupate, nonostante il fortissimo schieramento di polizia all’interno della base, l’elicottero che ronza sulle teste dei manifestanti, i numerosi infiltrati, un varco è aperto nella rete di recinzione e un primo gruppo di compagni tenta di introdursi dentro, respinto a suon di manganelli dai celerini accorsi; ma la loro resistenza durerà poco, perché la spinta dei manifestanti è forte e riesce ad annullare la violenza poliziesca. Quasi tutto il corteo penetra dentro la base americana, bissando l’invasione dello scorso anno, rimangono fuori solo pochi compagni oltre ai pochi amministratori accorsi al corteo. In pochi minuti vengono raggiunte le antenne, circondate dal filo spinato all’israeliana, e si ripete la sensazione dello scorso anno: questa terra ce la possiamo prendere quando vogliamo. I compagni dalle antenne scendono tutti giù; si discute con essi; alcuni sono decisi a rientrare con il corteo, altri no; ma le possibilità di rimanere lì a oltranza, a sostegno degli occupanti, sono vanificate dall’uscita alla spicciolata della maggior parte degli “invasori”, tanto che al tramonto rimarranno in pochi dentro la base, e la polizia avrà buon gioco a spostarli fuori dal recinto.

Questa volta i media non danno il rilievo che la notizia merita; una strategia di occultamento della lotta che non riesce a nascondere il disagio del potere di fronte a questo nuovo smacco. Anche le modalità di andare a riprendere gli ultimi due occupanti sulle antenne danno vita ad una discussione animata; a volte si ha l’impressione che i compagni del coordinamento e dei gruppi che hanno indetto il campeggio non abbiano il polso per tenere ferma la discussione; questo provoca tensioni; ma è necessario riprendere i compagni prima che il numero dei campeggiatori si assottigli troppo. La polizia è spiazzata e sa che solo il movimento potrà fare scendere i compagni. Comunque, la sera del 10 alcune decine di attivisti tornano alle antenne, penetrano nella base e si riprendono gli ultimi due occupanti.

L’11 il movimento affronta l’ultima assemblea, discutendo delle sue prospettive, delle prossime scadenze di lotta, dei collegamenti nazionali, del presidio, delle lotte territoriali.

Qualcuno dirà che sono emerse anche quest’anno divergenze sui metodi, che hanno causato alcune tensioni; in realtà si è trattato di divergenze sull’opportunità in determinati momenti di adottare certi metodi, e non sui metodi in sé, sui quali, l’esperienza c’insegna, non ci sono preclusioni di sorta purché si perseguano gli stessi obiettivi; non si è più rivoluzionari perché si è in grado di adottare una forma più dura, ma perché si è in grado di comprendere quando questa è utile al movimento e quando può fare il gioco dell’avversario. Basta, per questo, un confronto serio e sereno e il rispetto delle posizioni di tutti, a partire da quelle dei compagni che – finito il campeggio – rimarranno sul territorio a continuare giorno dopo giorno la lotta.

Il movimento NO MUOS è ancora ricco e forte e può diventarlo ancora di più; deve però tentare di coinvolgere nelle sue pratiche la popolazione; deve riuscire ad imprimere fiducia nelle possibilità di autorganizzazione, e capitalizzare il largo consenso per crescere quantitativamente e qualitativamente. Fuori da Niscemi e dalla Sicilia è altresì necessario che la bandiera NO MUOS sventoli ovunque ci sia una lotta, e sia acquisita come centrale nella battaglia antimilitarista.

 

 

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