Sugnu Charlie

La matita a volte può più del fucile. Lo hanno capito quei fanatici che il 7 gennaio hanno fatto una strage nella redazione di Charlie Hebdo, a Parigi.
Quelli di Charlie hanno sempre usato le loro armi – la satira – contro potenti e prepotenti, colpendo governanti e generali, e attaccando ogni sorta di imbroglio religioso, con i suoi simboli e le sue guide, senza guardare se si trattasse di cattolicesimo o ebraismo o islamismo; capi terreni e divinità del cielo sono stati messi alla berlina per le loro “opere”, dalle guerre alla pedofilia, dalla coltivazione dell’ignoranza all’accumulo di ricchezze e tanto altro ancora. Una pericolosa banda di sovversivi dal 1970, quando il giornale si chiamava Hara Kiri Hebdo, ha inondato non solo la Francia, ma il mondo intero, di vignette taglienti e sovversive a firma dei vari Wolinski, Cabu, Charb e tanti altri. Anche su questo giornale ne sono apparse parecchie.
Lo shock per l’assassinio di questa équipe di bravi agitatori sociali tramite lo scritto e il disegno, è forte. Viene colpita una terra, la Francia, la cui tradizione di giornali satirici engagès, a cospetto dell’Italia , è sempre stata forte e fondamentale, nel incidendo sugli equilibri dell’informazione e sulle vicende politiche del paese; non a caso Hara Kiri venne chiuso dal governo nel 1981. Una tradizione dai forti connotati libertari, proprio perché un vero vignettista, un vero scrittore satirico, non può parteggiare per nessun potere, anzi ha il dovere di attaccare ogni potere in quanto tale, sia esso materiale o morale, politico o religioso.
Oggi non possiamo che stringerci attorno a Charlie Hebdo e ai familiari e agli amici delle vittime Charb, Cabu, Wolinski, Tignous, Honoré, disegnatori, Bernard Maris, economista e cronista, Mustapha Ourrad, correttore, Elsa Cayat, psicanalista e cronista, e Michel Renaud, Frédéric Boisseau, Franck Brinsolaro, Ahmed Merabet , consapevoli che la lotta contro i fanatismi, religiosi o politici, deve andare avanti, perché ogni tipo di oscurantismo contiene nel suo DNA l’assassinio.
La Federazione Anarchica Francese ha scritto nel suo comunicato redatto a poche ore dalla strage: “Condanniamo gli assassini, ma rimaniamo lo stesso vigili di fronte alle reazioni dell’estrema destra o al dispositivo poliziesco statale. Continueremo a combattere l’oppressione, l’autoritarismo e l’intolleranza, si celino dietro le religione, la nazione o l’ordine securitario”.
Lo scrittore anarchico francese Ronald Creagh sul suo sito Recherches sur l’anarchisme, a sua volta scrive:
“L’assassinio dei disegnatori di Charlie Hebdo non è l’11 settembre della Francia (come ha scritto Le Monde). Lo Stato francese aveva, anch’esso, attentato alla libertà d’espressione: non aveva vietato il giornale Hara Kiri, predecessore di Charlie Hebdo? D’altronde gli assassini non se la sono presa con un prestigioso giornale dell’’establishment come Le Monde, ma con un piccolo settimanale impertinente, coraggioso e povero.
Il loro atto è rivolto contro la libertà d’espressione. Anche se vi possono essere state delle manipolazioni, la sua ispirazione è religiosa: una fatwa è stata lanciata ed è stata applicata contro gli atei da parte di individui convinti di realizzare un atto religioso sublime soffocando la libertà di parola.
Le moltitudini anonime che si sono spontaneamente mobilitate in un immenso numero di paesi lo hanno ben compreso. Il loro omaggio era rivolto a dei guerriglieri senza armi del paese di Voltaire, agli eredi del Secolo dei Lumi, ai rivoluzionari che si battono per una repubblica libertaria, ai ragazzi del Maggio 68. Essi non hanno gridato “Io sono la Francia” ma “Io sono Charlie”. In quanto ali aggressori, essi si sono attribuiti il diritto tipico di uno Stato: quello di disporre del monopolio della violenza. Essi hanno scimmiottato ciò che accade in un mondo dove le nazioni dominanti si riservano il diritto di punire, in nome della giustizia, le nazioni più deboli che non obbediscono ai loro ordini. Hanno ucciso degli atei, ma senza dubbio anche dei credenti e le loro famiglie.
La classe politica si sta sforzando di presentare l’affaire come una Guerra contro la Francia. Questa spiegazione ha lo scopo di riallineare l’elettorato, ma essa non regge: i principali gruppi islamici non l’hanno rivendicato; essa utilizza un’arma a doppio taglio, perché portando la discussione sul terreno nazionale paralizza il discorso dentro le pieghe della xenofobia. E’ una deviazione del vero problema, che supera di gran lunga la questione nazionale: la libertà d’espressione delle classi sfruttate, ovunque minacciata.
Nell’immediato bisogna impedire a coloro che ci vogliono sottoporre al loro controllo l’esercizio del diritto all’opacità e al segreto di Stato. Mostrare i muscoli nei campi rom o nei luoghi pubblici è più facile che prendere di mira le eterne zone del non diritto: il club dei mercanti di armi, le mafie internazionali, per non dire di coloro che beneficiano dell’immunità politica, cioè le più alte sfere dello Stato. E possiamo accettare una istituzione che ieri aiutava gli jihadisti siriani e che, oggi, dichiara il lutto nazionale?”.
Anche in Italia stiamo assistendo alla sfilata di fascisti, razzisti e forcaioli, in compagnia di cardinali e di politici in doppio petto sostenitori di missioni di guerre dette umanitarie, della militarizzazione dei territori, di politiche antimmigrati, di massacri sociali. Costoro fanno appelli contro il terrorismo, giocano sulle paure (che contribuiscono ad alimentare), chiedono la pena di morte, additano le comunità immigrate come pericolose e fanatiche, in una parola, speculano sui fatti di Parigi, di cui sono stati obiettivo mortale nemici di ogni potere e di ogni sfruttamento, quindi avversari di quest’accozzaglia di ipocriti e cinici scarafaggi gracchianti.
Per il governo (per tutti i governi) una grande occasione di distrazione sulle porcate quotidiane che li contraddistinguono (corruzione in testa) e sui provvedimenti scellerati che impongono ai rispettivi popoli, un alibi per accentuare il controllo poliziesco sulla società e per manipolare l’insoddisfazione generale deviandola contro i più deboli e gli stranieri, compresi quelli che vivono accanto a noi.
Si esce da questa trappola accentuando la lotta per la libertà di espressione, contro le religioni, incubatrici di fanatismo, portatrici di divisioni e di odi, e contro ogni governo, per sua natura guerrafondaio e nemico di ogni forma di libertà.

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