Siamo qui

Cosa spinge un pugno di scalmanati a continuare a redigere otto pagine di un giornale cartaceo a quarant’anni esatti dall’uscita del primo numero? Nonostante l’avvento dell’on-line, l’età che avanza, la precarietà che corrode i redditi e limita gli abbonamenti, la crisi della militanza e tante altre cose che dovrebbero scoraggiare simili folli imprese?
Cosa induce una redazione minuscola e sparpagliata a progettare ogni mese un numero nuovo, a inventarsi una pagina di sole immagini, e altre sette di lettura critica dei fatti quotidiani, di cronaca, di analisi, di cultura, di battaglie?
Ebbene, le risposte sono semplici. In primo luogo il continuare a credere in una comunicazione che è anche relazione, contatto, confronto, sguardo. Credere nel valore della propaganda: la diffusione, umile ma orgogliosa e costante, di idee, programmi, proposte, critiche, e nello stesso tempo fatto concreto, come può esserlo il giornale stesso, o, ancor di più l’esempio di una vita militante frutto di una scelta volontaria, vissuta da quel particolare punto di vista rappresentato dal sentirsi e dal cercare di essere, nei limiti del possibile e contro ogni ostacolo o avversità, anarchici.
Questo giornale, fragile nella sua robustezza economica, ma forte in virtù delle energie che ad esso si dedicano e di quelle che ha saputo stimolare, ha narrato per quarant’anni fatti e misfatti del potere; ha cercato di mantenere la bussola verso una prospettiva libertaria davanti ai numerosi tentativi di spacciare per prospettive di liberazione ed emancipazione delle banali ricerche di potere o di improbabili scorciatoie per risolvere la questione sociale all’insegna del cinico ma perdente detto che il fine giustifica i mezzi.
Noi siamo ancora qui, a raccontare che “non ci sono poteri buoni”, e come tante storie siano finite male quando han cercato di cambiare il potere”, e dei tanti sogni che hanno lasciato il posto alle delusioni o – peggio ancora – ai più opportunistici adattamenti, tradendo gli intenti iniziali cui pure avevamo dato, sebbene criticamente, un certo credito e il beneficio della buona fede.
Siamo stati al nostro posto, non certo comodo, molto spesso in prima fila nelle lotte di ogni tipo, e grazie a questo oggi possiamo insistere nel ribadire che i sogni non possono né devono finire ammaestrati dalla realtà, cioè dallo squallore e dallo spettacolo quotidiano di una società crudele, ma devono espandersi, contagiare, trasformare questa realtà. O almeno, devono provare a farlo.
E cos’è un giornale che nasce nel gennaio del 1977, e nel gennaio del 2017 continua a narrare e a propagandare la giusta sovversione contro le follie del militarismo, contro lo schifo del razzismo, contro il cinismo dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, e dell’uomo sull’ambiente, se non esso stesso parte di questo sogno e di questa utopia che dimostra la forza e il coraggio delle idee di autogoverno, di partecipazione dal basso, di azione diretta, di libertà che oggi rinascono nelle rivolte, nelle sommosse, nei movimenti, nelle sperimentazioni in atto ai quattro angoli del Mondo, e rappresentano il futuro concreto e più attuale che mai per milioni di individui?
Senza escludere le altre forme oggi possibili di fare propaganda e comunicAzione libertaria, dal sito web alla pagina Facebook, dall’abbonamento al pdf piuttosto che al cartaceo, Sicilia libertaria ritiene di avere un grande ruolo da svolgere; ritiene che a un corteo a Niscemi o a un blocco ai cancelli del MUOS, così come a una manifestazione di lavoratori precari o di disoccupati, a una mostra di artisti senza padroni né padrini, fare circolare un giornale anarchico sia ancora un fatto importante, spesso fondamentale; mettere in mano a una persona una copia del giornale è dargli un pegno, passargli un testimone, aprirgli un mondo in cui la relazione politica, che è anche umana e tale vuole restare, è fondamentale, necessaria, indispensabile.
Ecco la semplice risposta alla domanda iniziale; ecco perché siamo ancora al nostro posto, noi folli e giusti, come scriveva Giovanni Marini, a progettare un futuro libertario, mese dopo mese, anzi, minuto dopo minuto, nella nostra terra e nell’Internazionale che verrà.
Pippo Gurrieri

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