I tre potenti

Il prossimo 5 novembre si vota in Sicilia per il rinnovo del Parlamento siciliano. Vien subito da dire: e chi se ne frega! Ed è vero: in senso stretto di questo assemblaggio di mummie imbalsamate, di questa rassegna di cadaveri eccellenti frega poco. Ma da un altro punto di vista invece ci interessa, e il nostro non è l’interesse di chi vuol cercare l’avventura elettorale nell’illusione di cambiare l’Assemblea regionale siciliana con la propria presenza dura e pura, o di chi, ammantato di furbeschi buoni propositi, aspira ad occupare uno scranno a Sala d’Ercole. No! Si tratta dell’interesse di chi ritiene che ciò che fanno le èlites politiche ha sempre dei risvolti sulla vita di tutti, e non può essere affrontato con una qualunquista voltata di spalle. Ciò che si decide, ma anche non si decide, al Parlamento o al Governo, condiziona la vita sociale, e non può esserci contrapposizione o opposizione se non si presta attenzione alle dinamiche di potere.
In Sicilia, certamente, identificare il potere con Rosario Crocetta può essere fuorviante; nell’isola che ha fatto dell’opera dei pupi un suo tratto caratteristico, è facile individuare i pupi; più difficile scovare i pupari, anche se da molto tempo essi hanno dei nomi noti: mafia, chiesa, massoneria, affaristi, governo degli Stati Uniti, oligopoli nazionali e internazionali. Ma una cosa è certa, tra pupi e pupari ci sono legami forti, ci sono fili di collegamento che consentono agli uni di agire in funzione degli altri; si tratta di fili che i politici non vogliono tagliare, bensì cercano di rafforzare e consolidare, perché quel ruolo è appagante, produce privilegi e goduria (a Napoli dicono che “cumannare è megl’e fottere”).
Ora, quando inizia la campagna elettorale per la scelta dei pupi, è chiaro che si sta dando vita a una recita; copione e trama sono ben note, il finale scontato. Alla fine il puparo conterà i soldi dell’incasso e tutti a casa in attesa della prossima rappresentazione.
Da tempo la cosiddetta destra e la cosiddetta sinistra governano o fingono di fare l’opposizione, condividendo i medesimi valori, attuando gli stessi programmi, obbedendo agli stessi pupari. Pensare che il fascista Musumeci sia diverso da Miccichè di Forza Italia, o che entrambi rappresentino l’alternativa a Crocetta e al PD, è non riuscire a cogliere la sostanza politica dietro il sottile strato di vernice che li rende apparentemente diversi. Le cordate che ogni coalizione, gruppo, partito mettono in campo sono identiche nella composizione e nell’aspirazione; prendiamo un Armao, fino a poco tempo fa leader di un presunto cartello indipendentista, ex DC, cattolico, ex assessore di Lombardo, ex sostenitore di Crocetta: ora Berlusconi l’ha scelto per stare a fianco di Musumeci. Poi ci sono quelli che non posseggono cordate, e fingono di essere i migliori (in realtà non le hanno per eccesso di minorità): partitini comunisti vari, gruppetti della galassia indipendentista, frammenti dei forconi, piccoli movimenti civici: il contorno inutile di ogni tornata elettorale: è qui che si sprecano le critiche al potere e al capitale, i proclami per una Sicilia libera, i toni forti, ma è anche qui che si consuma la farsa, la frustrazione del “sarà per la prossima volta” e del “il popolo non ci ha capito”. Costoro dovrebbero convincere i “delusi” a tornare a votare.
In Sicilia ormai vota meno del 50% delle persone; alle ultime regionali fu il 47%; un dato interessante dal punto di vista statistico, ma che da quello politico ci dice soltanto che chi governa non ha bisogno di molto consenso elettorale, e che l’astensione di per sé non è pericolosa se è solo una manifestazione di disinteresse. Il consenso non passa solo per le urne, ma si manifesta tutti i giorni con la passività, la delega, il clientelismo, la cultura del farsi i fatti propri. Ed ecco che quindi tra i pupi e il popolo ci sono altri fili, meno visibili, più subdoli, che collegano gli uni all’altro, ed individuarli, denunciarli, combatterli è una vera scommessa rivoluzionaria. Le èlites prestano molta attenzione alla costruzione di questi fili, che rappresentano l’elemento della corruzione diffusa. Per questo ci interessa quel che accade anche in politica, perché i nemici devono avere dei volti, dei nomi, e le loro azioni devono essere conosciute, comprese, per essere combattute.
Un proverbio siciliano recita: “Nto munnu ci sunu tri putenti: u riccu, u nobili e cu nun havi nenti”. Oggi il terzo di questi potenti, chi non ha niente, è ignaro della propria forza, e soggiace a quella degli altri due. Impegnarci a fargliela scoprire è uno degli obiettivi che ci ripromettiamo.

Pippo Gurrieri

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