Omaggio alla Catalogna

Una cosa è certa: c’è una larga fascia della società catalana, forse non maggioritaria, ma comunque importante, che vede nel processo di indipendenza un passo avanti alla propria condizione; trattandosi di settori sociali intrecciati trasversalmente, la libertà che si chiede, o la democrazia, o la giustizia sociale, va coniugata in maniera differente a seconda che a invocarla siano lavoratori, borghesi, industriali, banchieri, disoccupati. Tutti, comunque, esprimono un sentimento catalanista di cui si sta facendo portavoce e garante la classe politica insediata nella Generalitat.
Per la totalità dei compagni anarchici e libertari, questo è e resta un conflitto interborghese: questo governo, con il suo Estat Català, se rappresenta il sentimento indipendentista, non rappresenta gli interessi dei lavoratori e delle classi subalterne. Questo governo e i suoi partiti maggioritari, sono di destra, sono corrotti ed esprimono gli interessi della borghesia catalana.
La repressione con cui il governo centrale ha affrontato l’1 ottobre, giorno del referendum, ha funto da collante popolare e ha indotto molte organizzazioni, al di là delle posizioni sul Sì o No (o l’astensione) a mobilitarsi contro un fatto gravissimo (oltre 900 feriti) voluto da uno Stato centralizzatore che nell’inviare la sua Guardia Civil in Catalogna, si veste della stessa divisa totalitaria e colonialista con cui in ben altri e famigerati tempi, ha cercato di risolvere i conflitti nella penisola. Così è stato introdotto un elemento nuovo, che ha portato anche i sindacati di matrice libertaria a proclamare lo sciopero (riuscito) del 3 ottobre e alle mobilitazioni antirepressive e solidali in tutto il territorio iberico.
Si è acuita, a questo punto, quella frattura fra un centro politico madrileno ancora saldamente in mano a partiti legati alla destra falangista, e una Catalogna antifascista e insofferente al centralismo. Un ingrediente che ha arricchito le giornate di ottobre e che alimenterà le prossime settimane, quando si annuncia uno scontro ancora più aspro e in gran parte imprevedibile. In tutte le città non catalane la destra ha chiamato all’unità patriottica, e bandiere della Spagna sono apparse in balconi e finestre, mentre manifestazioni antiindipendentiste si svolgono un po’ ovunque, spesso di mera testimonianza, ma, grazie al supporto governativo, che si van facendo più partecipate e aggressive persino dentro la stessa Catalogna.
Ma nelle manifestazioni per l’indipendenza, in Catalogna e nelle solidali esterne, sono apparse anche le bandiere della Spagna repubblicana, richiamando ad un altro conflitto nel conflitto: non è in discussione, infatti, solo lo smembramento dello Stato spagnolo, ma anche quello del regno di Filippo VI di Borbone. Non a caso il monarca si è affrettato ad intervenire accanendosi contro la Catalogna indipendente fuori dalla costituzione, e definendo illegale il suo referendum (mentre qualcuno, in risposta, gli ha chiesto quando fosse stato eletto).
A fronte di tutto questo, una UE imbarazzata tergiversa, prende tempo, mentre non ha indugiato quando si è trattato di smembrare la Jugoslavia o la Cecoslovacchia. L’Europa, infatti, rischia di venire travolta dalla frana separatista, con tutti i suoi, ormai poco stabili, stati nazionali: Scozia, Fiandre, Baviera, Euzkadi, ma anche Bretagna, Corsica, la Galizia, e tanto altro, sono lì per approfittare della crepa catalana, e rilanciare l’Europa dei popoli al posto di quella degli Stati.
Da un punto di vista libertario, uno Stato spagnolo più debole può essere un elemento interessante, ma il neo Stato catalano se sarà più piccolo, sarà anche, al contrario, più forte perché ammantato di spirito nazionalista. Questa contraddizione, per gli anarchici, può apparire paralizzante, ed in parte lo è: il movimento è diviso tra pro, contro e chi dice che “non cambierà nulla”. Resta da vedere, tuttavia, quali possibilità esistono all’interno di questa situazione (che, ribadisco, può ancora precipitare verso sciocchi imprevedibili) di inserirsi coniugando Indipendenza e autogoverno, autonomia dallo Stato centrale ma anche dallo Stato in generale, rilanciando quella Federazione dei Popoli Iberici già propugnata dalla CNT e dal Movimento libertario spagnolo in tempo non sospetti (sul prossimo numero a tal proposito,  pubblicheremo l’intervento del leader della CNT Salvador Seguì, pronunciato a Madrid nel 1919).
Chi ci segue sa quanto spazio ha dedicato a questi temi Sicilia libertaria; lo scorso numero una pagina intera su “Indipendentismi e anarchia”, frutto di un seminario della Federazione anarchica siciliana tenuto a fine agosto, ci ha fornito ulteriori importanti elementi di riflessione.
E mentre il dibattito è forte, mentre l’attenzione è ampia, sarebbe auspicabile da parte delle varie anime del movimento anarchico, anarcosindacalista e libertario spagnolo e catalano una presa di posizione forte di denuncia della borghesia catalana, dei sindacati padronali catalani e della classe politica e burocratica catalana; un atto di accusa fatto all’interno del conflitto indipendentista, cioè dalla stessa parte della barricata di chi in questo momento odia esercito e polizia spagnoli, ma magari offre fiori ai Mozos catalani, e si fida ciecamente della classe politica del governo “nazionale”  catalano.
Un acutizzarsi del conflitto non sappiamo a quali mediazioni porterà (di certo Puigdemont e i suoi hanno un piano B, che tireranno fuori dopo aver tirato la corda fin quasi al limite), ma certo uno scenario in cui alla repressione statale spagnola (con l’esercito che viene ad occupare i nodi dell’economia e del potere in Catalogna, e una sorta di embargo economico da parte dello Stato centrale) si affiancherà anche quella della polizia catalana, in obbedienza a patti e ordini di riportare l’ordine, non è certo da escludere. E allora, con il quadro più chiaro, si potrebbe rilanciare in chiave di indipendenza senza lo Stato, cioè di autogoverno e federalismo libertario.

Pippo Gurrieri

Questa voce è stata pubblicata in News. Contrassegna il permalink.