Il MUOS tra le nebbie

Questo giornale segue ininterrottamente da 6 anni la lotta contro il MUOS; le sue posizioni in genere sono coincise con quelle del coordinamento dei comitati o del movimento, altre volte solo con alcune componenti, tuttavia non ha mai rinunciato a portare il suo contributo critico costruttivo a una lotta centrale per tutti coloro che hanno a cuore le sorti di questa terra e che odiano le guerre e il militarismo. Se oggi attorno alla questione MUOS ci sono meno clamori, non per questo essa ha perso di importanza. Anzi, proprio adesso occorre fare uno sforzo di analisi per riorientarsi tra le nebbie della normalizzazione, ed effettuare una conta di chi ancora crede alle possibilità di poter continuare a tessere una resistenza da trasformare in attacco contro tutte le propaggini della piovra militarista.
La situazione di quasi stallo dovuta alla repressione da un lato e alla rassegnazione dall’altro, con in mezzo, l’abbandono della lotta da parte di diversi attivisti ed aree politiche e l’assottigliamento dei comitati. Tutto questo non deve sorprendere, perché la repressione ha sempre un ruolo “educativo” (colpiscine uno per educarne cento) e terroristico, sia verso gli attivisti delle prime file, sia verso il vasto mondo di simpatie e complicità che li circonda. Ed il movimento NO MUOS di repressione ne ha subita tanta.
Inoltre, quando una lotta si dà degli obiettivi immediati forti, che poi non riesce a realizzare, l’attivazione della struttura militare contestata assume tutto il sapore di una sconfitta, e per molti l’entusiasmo comincia a scemare e si insinua un senso d’impotenza che sottrae energie al movimento.
Se si andassero a sfogliare le pagine di questo giornale negli anni 1983-1986, si potrebbero trovare molti articoli su queste stesse questioni, a proposito della lotta contro la base missilistica di Comiso. Anche allora uno degli obiettivi della nostra azione divenne quello di combattere il senso di impotenza che s’impadronì dei militanti e dell’opinione pubblica quando la base venne costruita. Oggi crediamo di trovarci davanti alla identica situazione; ognuno dovrebbe esaminare sia le motivazioni della propria opposizione al MUOS, che ciò che ha mosso migliaia di persone a scendere nelle piazze, nelle strade e nei sentieri della sughereta di Niscemi, ad esporsi davanti a forze di polizia agguerrite; quei motivi non hanno perso nessuno dei loro punti di attualità, anzi, paradossalmente, con il MUOS in funzione, con il pericolo paventato diventato reale, dovrebbero oggi essere più forti.
Per questi motivi pertanto, riteniamo un grave errore, in questo momento, la scelta di alcune aree che hanno lottato a Niscemi, di sottrarsi ai processi pagando le oblazioni; non si contesta la legittimità da parte di singoli attivisti di uscire dai processi pagando le multe; ben altra cosa è assumere questa come una linea politico-giuridica, con una pretesa pari dignità rispetto alle scelte assunte da centinaia di compagne e compagni affinché la resistenza continuasse anche all’interno delle aule dei tribunali. Una divisione che non può più essere sottaciuta; l’impegno contro la repressione e per il supporto dei compagni inquisiti continua ad essere tutt’uno con la lotta contro il MUOS, senza vie di fuga spacciate per strategie politiche.
Tanto più che il Ministero dell’Interno è entrato a gamba tesa nei processi condizionandone gli sviluppi con la sua costituzione di parte civile, scaricando tutto il suo peso su chi sta subendo e continuerà a subire procedimenti giudiziari. Ce n’è abbastanza per far diventare ogni processo un’occasione di denuncia e di controinformazione ma anche di rilancio della resistenza. Ed il fatto che nel processo di Caltagirone contro i responsabili della costruzione abusiva del MUOS (di cui riferiamo a pagina 2) alcuni degli imputati abbiano chiesto il patteggiamento, ci dimostra come le ragioni di chi ha gridato “NO MUOS ora e sempre” e in coerenza sta proseguendo a mobilitarsi, siano sempre valide e devono trovare nuovamente la via della resistenza diffusa.
Noi non abbiamo mai creduto che una lotta contro la guerra avesse potuto concludersi con alcuni episodi e alcuni scontri con la polizia.

Pippo Gurrieri

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