Oltre ogni muro

Antirazzismo. Ridare vita alle piazze

Catania 25 agosto 2018: i soggetti in campo sono tutti presenti. 148 migranti tenuti sotto sequestro su una nave della Guardia Costiera italiana da otto giorni, impediti a sbarcare, quindi formalmente in stato di arresto rei solo di aver voluto cercare di cambiare la propria vita, pagando questo desiderio più che umano, con costi altissimi, sia economici che fisici e morali (stupri, violenze, torture, per la detenzione in Libia, e malattie anche gravi in conseguenza di tale trattamento). Il governo italiano rappresentato dallo schieramento di polizia lungo il molo, dalle motovedette tutt’intorno e da quella nave militare trasformata in provvisorio carcere per volere del Ministro delle Interiora. Infine i movimenti, che hanno affollato l’area, presidiandola fin dal primo giorno, contrastando in maniera stavolta non occultabile dai mass media, questa politica razzista e questa china fascista intrapresa non solo dalla politica italiana ma anche dalla società, come mostrano anche i crescenti consensi che essa acquisisce di giorno in giorno.
Dietro le pieghe di questo quadro si possono notare altri elementi che inducono alla riflessione: nell’ambito dei movimenti, la presenza di funzionari e iscritti al PD in cerca di un salvagente, venuti a gridare “Salvini dimettiti”, come se Salvini non fosse il continuatore di Minniti, della Bossi-Fini e della Turco-Napolitano, e giustamente contestati da molti attivisti. Una indignazione diffusa ha portato in piazza soggetti e associazioni molti dei quali da anni hanno disertato altri importanti appuntamenti, come quelli contro il MUOS, ma che però questo ritorno potrebbe spingere a un ricollocamento all’interno delle più importanti mobilitazioni. E’ importante riuscire a collegare i problemi della militarizzazione, delle spese militari, della povertà crescente, del liberismo sfrenato e dei suoi effetti nefasti sulla società, a quelli della strumentalizzazione dei migranti per deviare l’attenzione dalle cause dei disagi sociali più acuti e per offrire un capro espiatorio a tutti gli scontenti. Il fatto che in prima fila il 25 agosto ci siano stati attivisti NO MUOS, sia sul palco che a fronteggiare la polizia, che a tuffarsi in mare verso la nave Diciotti, è il segnale che vorremmo fosse colto da chi dimostra una sensibilità parziale e rinchiusa dentro gli angusti spazi di un sentimento umanitario.
Dietro la vicenda, giustamente non sottovalutata, si celano tutti i grandi temi di questa pesante situazione che grava sulla società italiana e non solo. In primo luogo la pesante china reazionaria, xenofoba e sovranista intrapresa dalla coalizione governativa, forte della consapevolezza che in questo momento tale strategia paga e in caso di elezioni anticipate o nelle prossime elezioni europee i suoi fautori, o meglio il suo fautore, verranno premiati da un elettorato sempre più traviato dalle sirene fascistoidi, benchè lo scollamento popolazione-istituzioni si allarghi sempre più e una crescente parte di persone non crede al rito democratico del voto. Ma anche qui va distinto chi non vota ma delega alle forze reazionarie la propria insoddisfazione, e chi lo fa perché è stufo di essere preso in giro ed è magari disponibile a forme di resistenza e di contrapposizione con il potere nelle sue varie sfaccettature.
Il nocciolo è dunque: dove va la società italiana? Verso quale buco nero si sta facendo trascinare dagli avventurieri al governo e dalle finte vergini che bivaccano sui banchi dell’opposizione?
Una società che si incarognisce ogni giorno che passa, in cui si snocciolano gli episodi di violenza razzista, in cui si assiste a stragi di migranti impiegati nelle campagne e nelle fabbriche, al sud come al nord, in condizioni schiavistiche; in cui il tanto strombazzato legalitarismo istituzionale, contrapposto all’immigrazione cosiddetta illegale, nasconde tutte le degenerazioni delle politiche proibizioniste di sempre: offre alle mafie un’opportunità di arricchimento e di controllo sociale senza precedenti; mette a repentaglio la vita di migliaia di esseri umani costretti ad affidarsi alle cosche per potere spostarsi, alimenta politiche repressive e di crescente militarizzazione dei porti e dei territori, fingendo di non sapere come, in realtà, sia l’Europa che soprattutto l’Italia, siano afflitti da un forte e irreversibile calo demografico che comporta 3 milioni di posti di lavoro in meno l’anno nell’UE, che si potrà combattere solo con l’accoglienza di altrettanti lavoratori immigrati. Sanno che le politiche di chiusura delle frontiere non servono a bloccare l’immigrazione ma solo a farla diventare irregolare, e che questo significa lavoro nero, degrado sociale, povertà crescente, speculazioni.
La farsa della linea dura, dell’emergenza continua rispetto ad una situazione strutturale che viene affrontata come un qualsiasi terremoto o naufragio, non ha alcuno sbocco. Paga nell’immediato, rafforza gli istinti più biechi e reazionari, ingrassa partiti di estrema destra più o meno camuffati, ma non ha il fiato per durare a lungo e poter risolvere, non diciamo i problemi dei lavoratori, delle classi più deboli, delle aree più emarginate e degradate, ma nemmeno quelli del capitale, dell’apparato produttivo, che prima o poi sarà costretto a chiedere un cambio di rotta.

Oggi soffia i vento del sovranismo, ma quando prevarrà in molti paesi non avremo altro che conflitti tra i paesi sovranisti, come già avviene tra Italia e Austria in riferimento sia alle politiche migratorie che alla questione Tirolo. Un’Europa in mano alle destre sarà un cantiere di conflitti tra stati e di mobilitazioni nazionaliste che necessariamente ci riporteranno indietro, a tempi che consideravamo superati e improponibili. Eppure di giorno in giorno questa prospettiva si fa avanti minacciosa.
L’esempio del paesino calabrese di Riace può essere assunto a modello di quanto stiamo sostenendo: il degrado dovuto all’emigrazione, all’invecchiamento e alla scarsità delle nascite può essere superato e vinto solo con una politica di accoglienza intelligente e rispettosa dei diritti umani e sociali di tutti, in una quadro di collaborazione, scambio equo e solidale, che si rafforza col il contributo di individui e culture di diversa provenienza. Riace è l’Italia, o sarà l’Italia che verrà, quando riuscirà a disintossicarsi dai veleni xenofobi, dalla aggressività razzista di forze politiche avventuriere e pericolose, da un sistema politico senza distinzioni di colore, che ha fatto della rincorsa a destra, della caccia al migrante, dell’asservimento al liberismo più vorace, la sua ragion d’essere.
Il 25 agosto a Catania, la sua consistenza della mobilitazione e la sconfitta del governo ci hanno dimostrato quanto sia utile e necessario uscire dalle case (reali e metaforiche) in cui ci siamo rinchiusi, e ridare vita alla piazza quale luogo della palingenesi sociale.

 

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