l taglio dei parlamentari

Può sembrare strano che un giornale anarchico, fieramente antiparlamentare ed antielettorale, si occupi del provvedimento varato alla camera lo scorso 8 ottobre sul taglio dei parlamentari. La nostra posizione è che qualsiasi governo, a prescindere dalla forma e dall’articolazione politica, sia sempre l’espressione del dominio di una classe sulla maggioranza della popolazione. E, possiamo aggiungere, con Louise Michel, che “il potere è sempre maledetto”.
Lungi dal chiuderla qui , tuttavia crediamo doveroso spendere due parole su ciò che rappresenta, all’interno del quadro democratico-borghese, questo provvedimento, storica rivendicazione della destra populista e fascista e di un centro malato di autoritarismo. Se non altro perché le ripercussioni di questa legge avranno ricadute negative sui traballanti spazi di libertà della società. A supporto del nostro discorso citiamo due fatti che oggi molti sembrano aver dimenticato, presi come sono dalla sbornia qualunquista e dal refrain del colpo alla casta.
Ma prima dobbiamo aggiungere che una casta che proclama la propria autocastrazione non può che ingenerare qualche fondato sospetto.
e ingenerare qualche fondato sospetto.
I due esempi di cui parlavamo sono: primo) il precedente taglio di parlamentari nella storia italiana lo effettuò un presidente del Consiglio che faceva di nome Benito Mussolini, allorquando stava per ridurre il parlamento ad un parcheggio di servi ossequiosi. Secondo) Il progetto di taglio dei parlamentari che ora finalmente vede la luce, rientrava nel programma golpista di Licio Gelli, il famigerato Piano di Rinascita Democratica, ed era anche meno drastico, prevedendo una riduzione a 700 parlamentari, rispetto agli attuali 600.
Una considerazione banale: se fascisti e golpisti da sempre perseguono un tale obiettivo un qualche motivo per diffidarne dovrebbe sorgere, o, per dirla in maniera spicciola, la puzza di totalitarismo dovrebbe inondare i nostri sensi.
La vulgata di Di Maio e del suo partito si sofferma sul leitmotiv del taglio dei costi della politica: parla di 100 milioni l’anno, mentre in realtà la cifra sarà di circa la metà. Ma questo è relativo. Se si osserva, come abbiamo più volte denunciato, che le spese per la difesa ammontano a circa 65 milioni di euro al giorno, e che tali spese (per la guerra, la repressione, la violenza legalizzata) sono sempre in costante aumento, ci si rende conto del fumo demagogico che circonda il taglio dei parlamentari, provvedimento assolutamente insignificante da tutti i punti di vista, e meramente propagandistico. Ma che nasconde ben altre insidie come vedremo.
Con il taglio dei parlamentari vengono a modificarsi tutta una serie di regole portanti della stessa democrazia borghese e della sua pratica elettorale, il cui fondamento presunto – e da noi sempre denunciato come falso – è quello della rappresentatività della sovranità popolare attraverso l’esercizio del voto quale reale forma di libertà e partecipazione, nonché di legittimità del governo. Oggi questo caposaldo viene a modificarsi in senso restrittivo e totalitario; si ridimensiona il rapporto tra “rappresentanti del popolo” e numero di
abitanti, si smontano interi collegi elettorali, penalizzando i collegi e le regioni meno popolosi, cancellando le minoranze linguistiche e i tanto corteggiati italiani all’estero, si concentra il potere nei partiti maggiori, che controlleranno parlamento e commissioni, con la conseguenza di una evidente deriva autoritaria in atto in senso – come dice qualcuno – golpista, di un golpe bianco e istituzionale.
La destra , non a caso, festeggia un provvedimento emesso da un governo di cui si dichiara all’opposizione, ma votato dal 95% dei parlamentari. Come per le politiche securitarie e antiimmigrazione, ancora una volta la destra trascina sul suo terreno l’intero arco parlamentare, in nome di slogan populistici, e riesce a conquistarsi il favore di un’opinione pubblica oramai drogata dalla politica degli slogan e desiderosa di correre dietro al pifferaio di turno sperando così di dare sollievo ai propri disagi senza accorgersi di farsi trascinare dalla padella di un sistema complice servo del liberismo, alla brace di un regime liberista più centralistico e autoritario.
Noi siamo contrari a qualsiasi peggioramento degli spazi di libertà e agibilità, ma non per questo difendiamo la democrazia borghese, anzi riteniamo che questa vicenda ci dimostri tutti i limiti del sistema democratico-parlamentare, e la debolezza di fondo della “capacità
politica” delle classi subalterne, quindi l’insostenibilità di un gioco democratico che si è trasformato in un gioco al massacro per i diritti, i bisogni e le aspirazioni di queste classi.
Bisogna voltare pagina e immaginare percorsi egualitari, dal basso, irriducibili alle logiche della rappresentanza borghese, per il necessario sovvertimento di un sistema iniquo fondato sullo sfruttamento degli esseri umani e dell’ambiente.
Pippo Gurrieri

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