Quello che avete per le mani è il numero 400 di Sicilia libertaria; nel gennaio del 1977 usciva il numero uno, pertanto quello che si chiude è anche il 43° anno del giornale.
Non vogliamo essere autoreferenziali, come spesso può capitare in occasione di questi anniversari; possiamo certo vantarci di essere riusciti ad avere continuità, fiducia, anche coraggio a tenere vivo un giornale nell’estremo lembo di Sicilia (ma anche d’Italia e d’Europa), ma non possiamo sottacere le difficoltà in cui ci arrabattiamo oggi, alla vigilia del 44° anno di attività editoriale: un’espansione dei lettori sostanzialmente bloccata, il deficit economico che non si smuove, il dover navigare in un mondo alquanto indifferente alla carta stampata, ed anche a quella che veicola un certo tipo di contenuti.
Questo non ci ha impedito di scrivere come se avessimo una platea di decine di migliaia di lettori, e non una di appena qualche migliaio, né ci impedisce di cercare di confezionare uno strumento che sia nello stesso tempo chiaro e gradevole nella forma sia degli scritti che della grafica, e coerente e preciso nei contenuti; uno strumento in prevalenza rivolto ad un pubblico non militante, senza però rinunciare ad avere una propria linea, una bussola per orientarsi nella grande famiglia anarchica cui ci onoriamo di appartenere.
Tutto questo non è facile da mettere in pratica, in particolare per il semplice fatto che le pre-occupazioni della militanza quotidiana ci sottraggono tempo ed energie per dedicarci con migliore “professionalità” al lavoro di redazione. Eppure è proprio questa l’essenza profonda che ci caratterizza; difficilmente esisterebbe Sicilia libertaria se la stragrande maggioranza di chi se ne occupa non fosse impegnata nell’attività politica di ogni giorno, non mantenesse legami e interessi con il conflitto sociale, non leggesse il mondo con l’occhio e la mente di chi è attivo nelle battaglie per cambiarlo. E quindi il risultato è questo complicato equilibrio tra un giornale attento a ciò che accade (o che si vorrebbe accadesse) ma forte dei limiti che questa attenzione comporta nel momento in cui sottrae tempo alla riflessione, al confronto, alla stessa necessaria serenità per mettersi davanti a una tastiera a scrivere, o impaginare, o per concentrarsi a studiare un argomento prima di arrivare alla stesura finale di un articolo.
Una domanda da mille punti è: i social stanno in un certo modo condizionando la circolazione della carta stampata? un giornale come questo tende a diventare obsoleto? superato?
La risposta che chi scrive può dare, in base alla propria esperienza, è che sicuramente i social hanno inferto un duro colpo alla circolazione della carta stampata, ma non perché gli hanno sottratto lettori, ma per la costante opera di deculturizzazione e di disabitudine alla lettura che stanno imponendo, da cui deriva – nel caso nostro – la diffidenza verso una pubblicazione che sfugge alle dimensioni del piccolissimo schermo, e che anzi si presenta con tutta la sua impegnativa promessa di sforzi necessari a consumarne la lettura. D’altra parte, le esigenze dell’attivismo quotidiano fanno comprendere l’importanza di avere un “oggetto” scritto da lasciare in giro, da offrire, da vendere anche, una sorta di scia che la lumaca che è in noi si lascia dietro.
Una scia che quindi deve essere più luminosa possibile, più visibile, più attrattiva. E questo resta il nostro cruccio principale, il nostro obiettivo, lo scopo della nostra ricerca.
Abbiamo affrontato diversi cambiamenti negli ultimi anni, che hanno avuto dei costi in termini sia materiali che organizzativi, senza dubbio rilevanti. Però da più parti ci giungono apprezzamenti per quello che facciamo; andiamo in giro per la Sicilia e per l’Italia, e ovunque troviamo una delle ultime pagine del giornale affissa in una parete; ad Alessandria lo scorso 24 novembre vi è stata dedicata una mostra presso il Laboratorio anarchico Perla Nera. I genitori di Lorenzo Orsetti “Orso” ci hanno abbracciati commossi a Firenze, con in mano il numero con il “poster” del figlio. Tantissime compagne e compagni ci fanno partecipi del loro gradimento e parecchi desiderano scrivere sul giornale. Per noi questi sono segni forti senza i quali non riusciremmo a proseguire; segni altrettanto importanti (sicuramente più importanti) del vil denaro che occorre per mantenere in vita il mensile, e che comunque vorremmo non fosse il nostro incubo. Perché la cosa peggiore sarebbe non avere i mezzi economici per continuare a redigere un giornale che riscuote comunque un discreto successo.
Noi ce la continueremo a mettere tutta, anzi cercheremo di fare qualche sforzo in più; un invito che rivolgiamo anche a chi ci legge, ci diffonde, ci segue, ci sostiene.
Pippo Gurrieri