Il referendum anticasta che rafforza la casta

Questo giornale ha già dedicato alla questione del taglio del numero dei parlamentari, un editoriale lo scorso mese di novembre; nell’approssimarsi della data del referendum che dovrebbe ratificare o meno questa “riforma”, torniamo sull’argomento premettendo, come già facemmo in precedenza, che per noi anarchici un governo, a prescindere dalle forme che assume in un determinato contesto storico, resta sempre l’espressione del dominio di una classe sulla maggioranza della popolazione. Il taglio dei parlamentari non inciderà su questa funzione, né riuscirà ad appagare la diffusa avversione verso la cosiddetta casta. Trattandosi di una falsa spallata al sistema dei privilegi, semmai alimenterà quel populismo diffuso ma cieco e ottuso, facilmente preda di marpioni e di altre caste ben camuffate.

Il referendum arriva sulla spinta di un voto parlamentare plebiscitario, che avremmo dovuto leggere come un ultrasospetto quanto improbabile attacco della casta parlamentare a se stessa. Sospinto dalle due alleanze, di centro-destra e di centro-sinistra, che continuano a somigliarsi e a propinarci un gioco delle parti in cui, in realtà, sono due destre a confrontarsi e a scambiarsi vicendevolmente di posto nel lettone governativo ove si consumano le orge del potere.

Facile dire che il taglio di circa 400 tra deputati e senatori darà un colpo mortale ai costi della politica; quel che non si dice né si dirà mai è che il risparmio per ogni italiano sarà di circa 1 euro l’anno. Meglio di niente, dirà qualcuno. E tuttavia questa “rivoluzione” conservatrice non verrà applicata a ben altre caste che condizionano negativamente la vita del Paese, a cominciare da quelle militari (industria e commercio militari compresi); le spese militari incidono sulla società per circa 70 milioni di euro al giorno, e già qui gli euro sottratti ai cittadini diventano 365 l’anno, e per fare che cosa, poi? guerre, corruzioni di regimi, condizionamento di altri aspetti della vita sociale: salute, mobilità, servizi, istruzione, ricerca, ambiente ecc.

Il fatto che la destra italiana, e il Movimento 5 Stelle che la rappresenta degnamente, si sia intestata questa “battaglia”, la dovrebbe dire lunga su dove si vuole andare a parare. Questa destra meloniana e salviniana, grillina e piddina, che si erge a difesa dei valori democratici, dell’eguaglianza e della libertà, sta mettendo in atto in realtà un progetto di demolizione della democrazia borghese e di accentramento del potere decisionale in poche mani. Licio Gelli e la sua P2 avevano inserito nel loro programma golpista “di rinascita democratica” il taglio dei parlamentari in un sistema dove i poteri forti (militari, religiosi, istituzionali) attuavano il pieno controllo su partiti e parlamento. Oggi le forze politiche che spingono per questa riforma non stan facendo altro che mettere in pratica quel piano. E perché l’uomo qualunque non dovrebbe, conseguentemente, desiderare il taglio di tutti i parlamentari? Quale miglior risparmio sui costi della politica? E poi ancora desiderare un uomo solo al comando, dotato di pieni poteri?

La demagogia che avvelena ogni giorno una popolazione già abbondantemente afflitta da delirio razzista, e successivamente colpita dallo shock pandemico, avrà sicuramente la meglio in questa fase, riuscendo a mistificare le conseguenze dell’operazione in atto.

Ci autocitiamo dal numero di novembre: “Con il taglio dei parlamentari vengono a modificarsi tutta una serie di regole portanti della stessa democrazia borghese e della sua pratica elettorale, il cui fondamento presunto – e da noi sempre denunciato come falso – è quello della rappresentatività della sovranità popolare attraverso l’esercizio del voto quale reale forma di libertà e partecipazione, nonché di legittimità del governo. Oggi questo caposaldo viene a modificarsi in senso restrittivo e totalitario; si ridimensiona il rapporto tra “rappresentanti del popolo” e numero di abitanti, si smontano interi collegi elettorali, penalizzando i collegi e le regioni meno popolosi, cancellando le minoranze linguistiche e i tanto corteggiati italiani all’estero, si concentra il potere nei partiti maggiori, che controlleranno parlamento e commissioni, con la conseguenza di una evidente deriva autoritaria in atto in senso – come dice qualcuno – golpista, di un golpe bianco e istituzionale.”

Se si riesce a percepire questa deriva autoritaria, si capirà come la fase che stiamo attraversando, con tutte le incognite totalitarie e repressive che la cosiddetta lotta al Covid-19 ha già messo in mostra, è estremamente pericolosa, al limite di una qualche forma di dittatura liberista che ha come presupposto la museruola per il popolo, il carcere per le opposizioni, un attaccamento religioso e fanatico a una nuova figura di Capo.

Questo non vuol dire che prediligiamo un diverso esito referendario, e quindi parteggiamo per coloro che sono per il mantenimento dell’attuale numero dei parlamentari. E non solo perché l’esito sembra già scontato in partenza, ma perché noi siamo nemici acerrimi del parlamentarismo, considerandolo l’altra faccia della dittatura e del totalitarismo, una mistificante forma di partecipazione corruttrice e asservita al dominio di classe, cioè delle caste e delle lobby, delle famiglie e delle congreghe che hanno nelle loro mani le leve del potere, i capitali, gli strumenti di infinocchiamento di massa, e sono democratiche in un determinato momento storico perché valutano che ciò assecondi meglio la loro brama di profitti, ma restano sempre pronti a cambiar metodo di governo, divenendo centralizzatori militaristi e fascisti se solo questo verrà visto come il modo migliore per conservare il loro potere e i loro privilegi.

Dobbiamo quindi sottrarci alla falsa scelta; comprendere cosa sta accadendo realmente – cioè uno spostamento sempre più a destra dell’asse politico italiano – e combattere questa deriva non con gli strumenti che i suoi artefici ci mettono a disposizione (referendum, elezioni, consultazioni varie, ecc.), ma con quelli che loro temono di più, perché non possono controllarli e condizionarli: la democrazia diretta e assembleare, le forme di riappropriazione della politica dal basso, per conseguire risultati concreti che possano migliorare la nostra vita. Noi auspichiamo una società senza parlamento non perché al suo posto vi sia un duce al comando, ma perché le decisioni siano totalmente decentrate, affidate ad assemblee diffuse sui territori, collegate in modo federativo tra di loro, tessendo una rete orizzontale di esperienze decisionali che portino all’autogoverno dei territori, alla piena partecipazione popolare, al massimo rispetto di tutte le opinioni, alla convivenza fra diversi, alla società senza Stato.

Noi auspichiamo una società senza parlamento non perché al suo posto vi sia un duce al comando, ma perché le decisioni siano totalmente decentrate, affidate ad assemblee
diffuse sui territori, collegate in modo federativo tra di loro, tessendo una rete orizzontale di esperienze decisionali che portino all’auto-governo dei territori, alla piena
partecipazione popolare, al massimo rispetto di tutte le opinioni, alla convivenza fra diversi, alla società senza Stato.

Pippo Gurrieri

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