UNA PANDEMIA DI GRAN CLASSE

È di questi giorni la notizia, apparsa su diversi giornali economici che, dal Marzo al Settembre 2020 la crescita della ricchezza dei ricchi americani è passata da 2.947 a 3.792 miliardi di dollari: un balzo del 28,7% che supera quello altrettanto incredibile del 27,5% registrato tra Aprile e Luglio dai ricchi di tutto il pianeta. Boom confermato dai 3 mila miliardi di dollari di crescita del valore in Borsa delle prime 100 società globali nel medesimo periodo.
Come sia stato possibile, in piena pandemia da Covid-19, un exploit così eccezionale, lo spiega per l’talia il rapporto annuale dell’AsviS, l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (“la più grande rete di organizzazioni della società civile mai creata in Italia”), presentato l’8 ottobre e integrato il 15 dicembre 2020. Il rapporto mostra come la pandemia stia determinando in tutto il mondo un arretramento nell’attuazione dell’Agenda 2030 dell’ONU (per una “transazione ecologica” che dovrebbe modificare in termini di sostenibilità ambientale lo sviluppo socio-economico globale). 9 indicatori su 17 (povertà, qualità dell’alimentazione, dell’assistenza sanitaria e dell’istruzione, occupazione femminile, crescita economica e dignità del lavoro, ineguaglianza all’interno e fra le nazioni, protezione dell’ecosistema, indebitamento pubblico) sono in netto peggioramento.
Le grandi e medie aziende in particolare hanno approfittato del periodo di crisi pandemica per interrompere gli investimenti programmati e ricorrere al risparmio (rendita speculativa) e al sostegno finanziario degli Stati. I depositi delle imprese e delle famiglie più abbienti sono aumentati in Italia di 125 miliardi rispetto al 2019 (per un raffronto si considerino i 209 miliardi attesi per il Recovery Fund) aumentando la disuguaglianza con gli italiani che vivono in povertà relativa (che significa per una coppia non potersi permettere spese per poco più di 1000 euro al mese), passati nel frattempo da 8,8 milioni già certificati ad oltre 14 milioni.
I famosi “ristori” del Governo, che pur hanno contribuito “a tenere tranquilla” la piazza, si sono tradotti in briciole per i più poveri e in erogazioni consistenti per le categorie sociali più abbienti. In particolare il sistema di erogazione e parametrazione dei benefici sulla base della caduta del fatturato, e non della ricchezza e delle riserve accumulate, ha favorito chi da sempre alimenta l’evasione fiscale, che si calcola raggiunga ogni anno i 110 miliardi di euro. Con la scusa dell’epidemia non solo è cessato quel simulacro, tanto sbandierato dai partiti di governo, di lotta all’evasione, all’elusione, al lavoro forzato, nero e mal pagato, ma anzi lo si è incrementato e perfino incoraggiato, sottostando al ricatto occupazionale, alla minaccia di futuri licenziamenti e al piagnisteo dei neo arricchiti del ventennio berlusconiano.
Il sostegno al lavoro autonomo è andato in parti uguali a tutti, senza guardare al maggiore o minore rispetto degli obblighi fiscali o al tipo di produzione e di sfruttamento dei lavoratori impiegati. Al contrario, il sostegno alle fasce più deboli, per via degli indicatori ISEE e dei diversi obblighi burocratici nella compilazione delle domande (che prevedevano tra l’altro il cumulo del reddito per chi avesse già ricevuto sussidi di povertà, il reddito di emergenza o quello di cittadinanza) ha portato all’esclusione totale o parziale di un numero consistente di lavoratori precari, di parecchi giovani in cerca di prima occupazione e di tutti coloro che per un motivo o per l’altro, pur vivendo situazioni di forte disagio economico-sociale, non percepiscono il reddito di cittadinanza.
É una palese discriminazione di classe, oltre che una vergogna umana, che anche durante la pandemia si continui a favorire in ogni modo chi più ha, chi più ruba alla collettività, chi più truffa e la inquina, chi nasconde i soldi e, potendo, scapperebbe all’estero col malloppo.

Natale Musarra

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