Il Re è nudo

Diffidare sempre dai “salvatori della Patria”, da quelli che si sacrificano “per il bene del Paese”. Normalmente si tratta di gente che ha affossato la Patria ed il Paese, membri di confraternite che odorano di soldi ed incenso, formatisi tra Lyons e sagrestie sfoggiando cariche di governo e di sottogoverno e presidenze di consigli di amministrazione.
La pandemia, la crisi economica, il nemico comune, tutto l’armamentario dialettico borghese che ci viene vomitato addosso ogni giorno, ha per solo fine quello di giustificare l’”union sacrée” ritrovata tra i partiti, la fine dei giochi di ruolo e della teatralizzazione dello scontro. Ma, caduta la maschera, gettati i costumi e le mutande, il re torna ad apparire nudo. E come nella fiaba di Andersen, nessuno deve dirlo, anzi tutti, con uno sforzo di ipocrisia e codardia dovremmo fare nostre le false preoccupazioni dei padroni borghesi e dei succhiasangue dell’alta finanza, seguendoli ciecamente, ma per fungere da carne da macello, come è sempre stato.

Crisi economica? Suvvia, lo sanno anche i poveri polli compressi negli allevamenti intensivi che i ricchi sono diventati più ricchi, che un manipolo di miliardari detiene più risorse economiche della metà della popolazione mondiale, e ancora di più ne detiene in potere di decidere sulle sorti di tutti. Ben altra è la condizione di chi si conta i pochi spiccioli in tasca per arrivare a sera con qualcosa nello stomaco. Ben altre sono le vite precarie cui le loro politiche e i loro interessi han condannato milioni di persone. Di quale crisi parlano, di quella dei dividendi milionari che gli azionisti delle società per azioni si continuano a spartire da un lato, mentre dall’altro chiedono (e ottengono) i “ristori” milionari dai governi?

Stiamo assistendo, in Italia, alla riproposizione neoliberista della politiche che negli ultimi 40 anni hanno demolito quel welfare scaturito dalle pressioni delle classi lavoratrici e subalterne, col travaso di immense ricchezze nei conti dei capitalisti parassiti. Stato e istituzioni fanno da salvadanaio all’impresa privata, secondo una ideologia falsa e distruttiva che ripete un assordante refrain: salvare l’industria, la produzione, l’economia, per salvare il Paese, per salvarci tutti. La logica del profitto, della produzione, prima di tutto. E’ successo all’inizio della pandemia, quando i padroni hanno imposto che le imprese non chiudessero; succede ancora, anche con la questione vaccini, che si sta rivelando una grande abbuffata per alcune case farmaceutiche, detentrici dei brevetti e in regime di quasi monopolio mondiale. Stato e mercato vanno a braccetto, e il secondo controlla il primo, decide la spesa pubblica e del Recovery fund, pilota le stesse ingenti spese in armamenti e guerra, funzionali all’espansione capitalistica all’estero e alla tenuta del sistema.

E quando, da qualche parte, rider o studenti, partite iva o lavoratori buttati sul lastrico da fallimenti pilotati e chiusure aziendali, scendono in piazza a gridare “il re è nudo”, e che la vera guerra non è contro virus e pandemia, ma contro sfruttati e subalterni, ecco la polizia abbandonare il ruolo di damigella di carità e sfoderare i manganelli e le unghie, forte di un regime emergenziale basato su divieti, controlli, multe, paura, ricatti.

Il governo Draghi è sorto per assolvere a questa funzione; che ci fa la multinazionale americana McKinsey a dare consulenze al governo per soli 30.000 euro? I suoi uomini dovrebbero accompagnare il governo nella transizione digitale; in realtà siamo davanti ad una consolidata azione di lobbyng condotta attraverso personaggi (Colao e suoi accoliti collaboratori) per orientare il governo e le sue scelte, e creare un muro resistente contro i probabili tumulti di “miserabili” vecchi e nuovi poveri. Una operazione per evitare che l’assetto neoliberista vada in tilt, ribadendo ed imponendo la politica dei sacrifici e la cancellazione dei residuali diritti (al lavoro, alla pensione, all’accesso alle cure ed ai servizi, all’istruzione e alla cultura) consolidando i privilegi dei ricchi, la povertà e l’insicurezza della popolazione, e la capacità di fronteggiare la rabbia e il malcontento, adottando i soliti mezzi della divisione (proteste separate per categoria) e della repressione. Dobbiamo abituarci: ogni crisi (e questa pandemica in particolare) fa forte il capitale nella sua gestione del governo delle cose e della nazione. Ancora una volta contro le masse popolari, secondo una contrapposizione di classe che i padroni continuano a praticare alla grande, mentre a sinistra in tanti hanno fatto mea culpa e si sono arruolati al loro servizio, vendendo la avariata litania che le sorti delle masse dipendono dalla salute delle classi privilegiate.

Da questi fatti bisogna partire per provare a ribaltare una narrazione e soprattutto una situazione concreta di sfruttamento, dominio, oppressione.

Pippo Gurrieri

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