Autoproduzione unica soluzione

PREZZI. Aumento delle bollette, cause e prospettive.

Nel mezzo della noiosissima “partita del Quirinale”, una notizia ha rischiato di squassare le vagonate di fuffa con cui i mass media hanno riempito pagine e palinsesti e social. In una videoconferenza organizzata dalla Camera di Commercio italo-russa, 16 imprese italiane – tra le quali Enel, Unicredit, Pirelli – hanno direttamente parlato con il presidente russo Vladimir Putin, il quale era accompagnato da ben otto ministri del governo. In assenza di una qualsiasi mediazione istituzionale anche perché, come ha dichiarato uno dei presenti, “non siamo andati a parlare di politica ma di business, sviluppo, creazione di ricchezza e occupazione”. Tra i punti di discussione la recente crisi energetica, che ha fatto schizzare alle stelle il prezzo delle bollette di luce e gas.
Sono le stesse imprese, per intenderci, che piagnucolano su tutti i media per gli aumenti esorbitanti e alle quali il governo Draghi continua a concedere sostanziosi aiuti di stato: soltanto l’ultimo provvedimento, il decreto Sostegni Ter, prevede per loro 1,7 miliardi di euro. Sono le stesse imprese che da una parte minacciano di chiudere e dall’altra scelgono di intavolare trattative con quella Russia che è accusata di essere uno dei principali motivi di quegli aumenti. Però, per essere compresi nella portata e nelle origini, necessita fare qualche passo indietro.

Dallo scorso autunno è in corso a livello globale una crisi energetica che, a detta degli esperti, non si vedeva dagli anni ‘70 del secolo scorso, quando il rialzo dei prezzi del petrolio da parte dell’Opec comportò la fine del boom economico e l’introduzione del concetto di austerità nell’economia. Questa volta il fattore scatenante è stato l’aumento esorbitante del prezzo del metano sul mercato: oltre il 500% da gennaio 2021 a gennaio 2022. Dato che il sistema elettrico italiano dipende enormemente dal gas, ciò si è riversato sulle bollette: Arera, l’autorità che si occupa delle filiere energetiche, ha stimato per il primo trimestre del nuovo anno un aumento di oltre il 55%. Il portale QualEnergia ha calcolato almeno 600 euro in più per una famiglia media, nonostante i continui interventi tampone del governo che nel giro di 4 mesi ha stanziato oltre 10 miliardi di euro per contenere i costi. A scatenare la crisi energetica, fanno notare gli ambientalisti, è stata un’altra fonte fossile. D’altra parte quella che sembrava un’emergenza si è presto trasformata in qualcosa di strutturale, come ha ammesso il ministro alla Transizione Ecologica Roberto Cingolani. Come ogni fenomeno complesso, in realtà i motivi della crisi sono numerosi. Non si può però non partire dalla Russia. È noto che l’Europa importa quasi la metà del gas utilizzato per i consumi proprio dall’ex Unione Sovietica. Da dicembre Putin ha deciso di ridurre i rifornimenti come strumento di pressione, affinché venga approvato il mastodontico gasdotto North Stream 2, che consentirebbe alla Russia di aggirare il passaggio dell’infrastruttura in Ucraina per collegarsi direttamente alla Germania. In mezzo, poi, ci sono gli Stati Uniti che quel gasdotto non lo vogliono e premono sull’Europa affinché si possa riportare Putin a più miti consigli. Intanto, però, le imprese italiane continuano a dialogarci come se nulla fosse, interessate come sono a preservare esclusivamente i propri affari.
Sugli altri fattori della crisi tante analisi si sono soffermate, poi, sulla ripresa dei consumi, soprattutto nel continente asiatico, sulla mancanza di riserve, persino sull’inverno freddo (come se fosse una novità, specie alla luce della questione climatica). In pochi, però, hanno sottolineato che è il modello capitalistico in cui viviamo a essere insostenibile e che l’attuale crisi energetica è soltanto uno degli effetti più evidenti. Ancora una volta si continua a spaccare il capello in quattro sul sintomo e non si affronta mai la causa che l’ha generato. Facciamo un esempio pratico: un altro motivo che ha scatenato il rincaro delle bollette è l’aumento dei prezzi nel mercato dei crediti di carbonio. Si tratta di certificati di emissioni di gas serra che in Europa devono essere acquistati obbligatoriamente dalle aziende che emettono di più, secondo il principio sancito a livello comunitario e noto come “chi inquina paga”. In pratica l’Europa ha scelto di mettere sul mercato persino l’inquinamento dando un valore finanziario alle emissioni, col risultato che le aziende continuano a produrre per poi compensare i danni attraverso l’acquisto di crediti di carbonio. Lo fanno tramite transazioni che avvengono sulla pelle delle popolazioni indigene dall’altra parte del mondo che vengono accusate con la loro presenza di distruggere le foreste che invece le caritatevoli multinazionali intendono salvaguardare. Pura speculazione, insomma, avallata da un sistema che però in questo modo si dà una verniciata di verde e si racconta come attento alla biodiversità, green, a zero emissioni.

La crisi energetica e il conseguente aumento delle bollette vanno dunque affrontate su un piano di lotta. Va superato il pragmatismo ambientalista che punta alla sostituzione di carbone, petrolio e gas con fotovoltaico, eolico, idroelettrico e geotermico. Non ci salveranno le rinnovabili, se poi queste replicano il modello fossile; non basta essere a emissioni zero se poi per costruire un pannello è necessario estrarre litio in nuovi Paesi da colonizzare (tipo la Serbia o il Cile) o se per costruire pale ci si rivolge a multinazionali che oltrepassano le contrarietà delle popolazioni locali. È quel che sta già avvenendo, in Sicilia come nel resto d’Italia. Serve invece riappropriarsi delle questioni energetiche. Tornare a parlare di riduzione dei consumi e sostenere l’autoconsumo possono essere i primi passi. Ma in maniera più ampia è necessario ragionare sull’autoproduzione, costruendo sistemi decentralizzati dove non ci si affida più a multinazionali che continuano a mirare al profitto, anche quando hanno la presenza statale all’interno dei propri consigli di amministrazione (anzi, forse proprio per quello).

Andrea Turco

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