SI SCOPRON LE URNE, SI LEVANO I MORTI

Elezioni. Niente più carote, solo bastonate.

Se non fosse perché rappresentano una grande mistificazione, non ci importerebbe nulla delle elezioni. La maggioranza degli italiani neanche si reca a votare; tra quelli che lo fanno, molti votano per inerzia. Ogni risultato non muta il fatto che a governare siano sempre i padroni, intesi come i grandi capitalisti, le banche, la finanza, le lobby militar-industriali, la chiesa, la mafia; un blocco di potere consolidato, forte dei suoi legami internazionali; un’orgia di figure intrecciate e associate alle cui dipendenze agiscono i partiti, senza neanche più la maschera di un diverso Dna, affratellati dal verbo liberista, coniugato magari con linguaggi diversi ma perfettamente simili nella sostanza.
Noi anarchici abbiamo sempre sostenuto che tutti i partiti sono uguali; questo ci provoca accuse di qualunquismo, mentre in realtà é crudo realismo, lo stesso manifestato da tantissime persone, proletari innanzitutto, che lo hanno provato sulla propria carne. E che siano tutti simili lo dimostrano il loro comune statalismo e le loro identiche modalità organizzative gerarchiche e autoritarie, anche in chi professa il contrario. Solo gli anarchici danno tanto importanza alla forma quanto alla sostanza, definendo il contenitore (il partito), un mezzo che fa avariare anche un contenuto positivo e fa deragliare ogni pretesa nei meandri fangosi dell’autoritarismo, senza alcuna possibilità di raggiungere il fine.
Se la forma li accomuna, anche i contenuti si sono oramai quasi del tutto appiattiti: la sostanza è identica; destra e sinistra sono sempre più disposizioni delle poltrone in parlamento e sempre meno posizioni politiche e ideologiche.
Nella bolgia liberista ci sguazzano le destre, le più coerenti da questo punto di vista essendo serve dei padroni per costituzione, e le ex sinistre, sempre più destre mascherate, che rincorrono gli “avversari” sul loro terreno, e quando vanno al governo riescono a fare ogni tipo di porcheria che i loro concorrenti non hanno potuto fare, magari perché le piazze in protesta glielo hanno impedito.

Ma quale programma? Fatta questa necessaria premessa, avremmo voluto addentrarci nel programma elettorale dei singoli partiti ma ci siamo accorti che non c’è nessun programma, bensì una generale caciara nella quale fingono di distinguersi. Tutti rivendicano l’azione del governo Draghi (eccetto la finta opposizione di Fratelli d’Italia, che avrebbe volentieri fatto di peggio, e mentre rivendica la propria presunta verginità si è già assicurato il sostegno anche di buona parte dell’imprenditoria del Nord); tutti fanno a gara nel rivendicare i fondi del PNRR sparando proposte che non si discostano dall’unica cosa certa: i soldi finiranno in mano ai pescecani dell’industria e delle grandi opere, al Nord ricco, alle banche; tutti fanno a spallate per dimostrarsi atlantisti della prima ora, fedeli servitori della NATO, guardiani della militarizzazione del nostro territorio, spedizionieri di armi all’Ucraina e fautori dell’incremento delle spese militari. Tutti si distinguono per la mancanza di idee riguardo la crisi climatica provocata dal sistema che difendono e da cui dipendono; tutti si spellano le mani nell’applaudire papa Francesco e nel sostenere i privilegi e le posizioni conservatrici della chiesa in materia di diritti civili e sociali. Tutti si riempiono la bocca di parole come “giovani”, “ambiente”, “lavoro”, ma il disastro di un mondo giovanile senza prospettive, precario, costretto a fuggire all’estero; la voragine senza ritorno della situazione ambientale, che continuano ad accrescere con le folli scelte in materia energetica; la disoccupazione dilagante, il lavoro nero, i contratti a tempo determinato di pochi giorni o settimane, sono il frutto delle loro politiche.
Questa gentaglia: la banda Berlusconi, la banda Salvini, la banda dei fascisti meloniani, la banda dei pentastellati, la banda di Letta, é al potere, chi da sempre chi da poco, e le loro azioni sono sempre state rivolte contro la massa delle lavoratrici e dei lavoratori, contro le minoranze, contro i territori devastati da opere distruttrici e progetti estrattivi che arricchiscono il gran capitale. Anche quando hanno provato a “eliminare la povertà” col reddito di cittadinanza, è emersa tutta la loro inconsistenza ed incapacità di andare sino in fondo, presi com’erano dall’urgenza di diventare adulti e responsabili, cioè democristiani. Tutti ora vogliono il nucleare, considerato un’alternativa ecologica, e nel frattempo difendono il fossile, anzi lo vanno a cercare in lidi lontani (Corno d’Africa, Mozambico) e calano le corna verso i ricatti statunitensi che impongono il gas liquefatto e il petrolio USA. Tutti hanno sostenuto la gestione poliziesca della pandemia, le leggi repressive, le discriminazioni e le speculazioni che l’hanno caratterizzata.

Quel che non dicono. Se avessimo voluto trovare qualcosa rispetto alla questione sociale, ai bisogni delle persone comuni, del popolo lavoratore aggredito dal carovita; se avessimo voluto trovare qualcosa rispetto ai diritti di chi produce i beni che la società consuma; verso una equa distribuzione delle ricchezze, a scapito dei grossi profitti; se avessimo voluto trovare qualcosa riguardo aumenti salariali e pensionistici veri e dignitosi, o verso un salario garantito per chi non lavora, o verso la gratuità dell’istruzione, o una riduzione dell’orario di lavoro per far posto ai disoccupati, o una tassazione nei confronti dei ricchi per reinvestire in beni e utilità verso la massa sempre più povera, o una politica della casa che stronchi le speculazioni immobiliari e conceda alloggi a milioni di senza casa, o verso gli immigrati, sempre più sfruttati, emarginati, vituperati. Se avessimo voluto trovare qualcosa di questo tipo nella propaganda elettorale, avremmo faticato invano, perché non c’è nulla, solo fumo e belle parole che nascondono la sostanza di un asservimento agli interessi capitalistici. I più a sinistra sostengono che se i padroni se la passano bene, anche gli sfruttati riceveranno briciole di benessere. Tutti gli altri sostengono che i padroni se la devono passare bene, e basta.
Qualcuno obietterà: “ma ci sono Leu, i Verdi, Pap ed altri che queste cose le dicono”. Risponderemo con la frase di Totò: “Ma mi faccia il piacere!”. Combattere il potere stipendiati dal potere e fare gli utili idioti in Parlamento nella migliore ipotesi sono una pagliacciata.

Caccia al voto in Sicilia. Si vota anche in Sicilia. Le schiere dei partiti sono al lavoro; gli impresentabili ci sono tutti: Castiglione, Cuffaro e compagnia brutta; la destra, che aspira alla conferma al governo, candita l’impresentabile degli impresentabili, Renato Schifani, berlusconiano di ferro, già democristiano di ferro. La sinistra-sinistrata candida Giuseppina Chinnici, altra inconsistente democristiana. Salvini è calato nell’isola con Meloni promettendo, assieme a Berlusconi, che questa volta il ponte sullo Stretto si farà. Anche i 5 Stelle e il PD vogliono il ponte, ma “dopo studi seri”. Ma che cosa gliene frega ai siciliani del ponte? In un territorio soggetto alla rapina delle proprie risorse e braccia-lavoro; messo a soqquadro dall’industrializzazione più distruttiva che una perversione sviluppista abbia mai potuto creare; spopolato di individui, di alberi, di attività produttive essenziali alla vita sociale e privo di infrastrutture degne di questo nome; militarizzato e lanciato nella mischia di tutte le guerre del XXI secolo; privato della sua acqua, della sua terra, del suo presente e del suo futuro: a chi volete che interessi il ponte di Messina se non ai capitalisti e speculatori delle grandi opere, alla mafia, ai banchieri internazionali?
Con le solite facce da culo, Salvini, Meloni, Schifani, Cuffaro, Lombardo, vengono a rastrellare consensi in Sicilia mentre sostengono l’autonomia differenziata, cioè il federalismo dei ricchi, sempre più soldi e risorse al Nord; mentre sostengono le gabbie salariali, cioè salari più bassi nel Mezzogiorno, “tanto la vita cosa meno”; mentre hanno operato per ridurre al lumicino gli stessi fondi del PNRR destinati dall’Europa al Sud, all’origine il 60% delle somme prestate all’Italia, poi trionfalmente ridotte al 40%, e nei fatti oramai ridimensionate al 14%. Ed in questo la sinistra-sinistrata ci ha messo lo zampino, con la sua voracità liberista e democristiana. Del resto questi partiti sono tutti al soldo degli stessi imprenditori e padroni.

Non votare. Non c’è un solo motivo per andare a votare; non una sola ragione per farsi abbindolare dalle promesse di gente che ha speculato sulle nostre vite da sempre. Non esiste un argomento a favore della partecipazione elettorale: una mistificazione verso gli ingenui e gli sprovveduti; un’operazione di distrazione di massa per un cambiamento che non cambierà un bel niente, ma continuerà ad affossare i bisogni popolari, per giunta in nome della “volontà della maggioranza degli italiani”.
Non votare è un gesto di dignità; è una scelta rispetto al qualunquismo votaiolo e alla corruzione elettorale e non solo; è un modo per prendere le distanze da una classe politica responsabile dei più gravi problemi della società. Può rappresentare un primo atto di resistenza, un momento di riflessione per cominciare a guardare altrove, alle tante possibilità che agendo dal basso e uniti, si possano mettere in atto lotte, progetti, attività, azioni per provare a cambiare realmente e in meglio le condizioni di vita di chi è stato ed è vittima di questo sistema liberticida.

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