NON VOTARE

NON VOTARE

 

Un atto di dignità, di protesta, di libertà

 

 

C’è ancora della gente che, quando sente parlare un astensionista, uno che non vota, risponde: “ma così che cosa ottenete? In questo modo lasciate che le cose restino come prima”. La risposta più immediata a questo genere di argomenti non può essere che questa: “dopo 60 anni di rituale democratico che cosa si è ottenuto? Le cose non sono restate come prima?”. Uno a uno e palla a centro, dunque.

Per noi anarchici, però, non si tratta solo di NON VOTARE, cioè di sottrarsi al rito periodico della tosatura delle pecore; questo sarebbe già un passo in avanti se sempre più cittadini lo praticassero. Tuttavia, limitarsi a non andare a votare può rivelarsi una flebile espressione di dissenso, un “grido di dolore” da parte del popolo, una tiratina di giacca ai politici, aspettando inutilmente poi che i partiti, i loro uomini, si diano una smossa e comincino a fare sul serio gli interessi della popolazione.

Ecco perché gli anarchici praticano e propugnano un ASTENSIONISMO ATTIVO, cioè danno al gesto di NON VOTARE il significato del voltare le spalle alla politica autoritaria e corrotta, un senso di presa di distanza, una dichiarazione di indipendenza.

In pratica, NON VOTARE deve poter significare riprendere nelle proprie mani i problemi che ci riguardano e cominciare a risolverli al di fuori – e contro – la classe politica, la borghesia, il mondo delle caste privilegiate. Se vogliamo chiamarlo in maniera più semplice: RIAPPROPRIARSI DELLA POLITICA, riprendersi quella facoltà di decidere e agire IN PRIMA PERSONA che i partiti e tutte le strutture autoritarie (enti, sindacati, chiese, sette, associazioni) hanno espropriato ai diretti interessati.

 

I PARTITI SU TUTTI I STISSI

Spesso i nostri avversari (che coincidono sempre con i nemici del popolo, i parassiti, gli arrivisti e i ruffiani e pochi creduloni che gli scodinzolano intorno) ci accusano di fare di tutta l’erba un fascio quando affermiamo che I PARTITI SU TUTTI I STISSI.

Ma non è qualunquismo, il nostro; è un giudizio che scaturisce da oltre un secolo di esperienza e da un’analisi teorica che l’anarchismo ha sviluppato sin dalla sua nascita, che ne rappresenta uno dei tratti distintivi più significativi.

I partiti sono tutti uguali perché tutti riproducono nelle loro forme organizzative delle strutture gerarchiche, autoritarie, negatrici della libertà. Tutti, nessuno escluso, anche quando si ammantano di concetti come “democratico”, “socialista”, “libertario”, e fanno un grande e spropositato uso della parola “libertà”, in realtà riproducono al loro interno un organismo gerarchico in cui i vertici godono di privilegi, e di uno su tutti in particolare: il privilegio del comando. Essi sono lo specchio della società che difendono o che (quelli più a sinistra) dicono di combattere: strumenti di potere in cui la massa conferisce una delega a una minoranza, senza alcun mandato imperativo, cioè la delega è a tempo indeterminato non può essere tolta che non in determinate occasioni periodiche (i congressi, anche se in genere sono dei puri rituali che sanciscono quanto deciso altrove), e priva chi l’ha espressa della possibilità di controllare il delegato. Proprio quello che avviene nella società cosiddetta democratica, dove nessun cittadino che abbia espresso un voto può ritirarlo una volta che il suo “rappresentante” non obbedisce più al mandato ricevuto, oppure cambia casacca, oppure va contro gli interessi di chi lo ha votato. E’ questa la democrazia!

Ma quel voto stesso non è stato espresso liberamente: la maggior parte delle persone vota per chi gli ha fatto dei favori o delle promesse; la loro condizione sociale, le loro necessità, influenzano la loro “scelta”.

Noi anarchici diamo molta importanza alla forma, contrariamente a tutti gli altri. Per noi la forma è contenuto; per noi un tipo di organizzazione, se è gerarchica e autoritaria, non può tendere verso nessun obiettivo antigerarchico e antiautoritario, dato che questo negherebbe la sua stessa esistenza. Cioè: IL FINE NON GIUSITIFICA I MEZZI. Un mezzo (partito) autoritario non può che condurre a un fine autoritario.

Fatta quest’altra precisazione, possiamo anche parlare delle “differenze” che caratterizzano i vari partiti: differenze di posizioni, di analisi e anche di obiettivi. Ma differenze molto sottili, spesso impercettibili, e viziate dalla comunanza di fondo di cui abbiamo appena detto. Tutti i partiti, infatti, oltre ad avere la medesima struttura interna, ammettono le stesse regole del gioco democratico, si fanno pagare dalle casse pubbliche (cioè dai cittadini, compresi quelli che non la pensano come loro), e non mettono in discussione le compatibilità del sistema: cioè non contestano l’esistenza dei padroni (al massimo li vorrebbero più buoni); non vanno mai contro la chiesa (anzi fanno a gara a genuflettersi davanti a papa, cardinali, vescovi e preti); non credono più all’esistenza del proletari (i poveri, i lavoratori senza futuro); non contestano il mondo delle banche e della finanza (i veri ladri e soffocatori della popolazione) da cui si fanno sponsorizzare volentieri; non sono per il cambiamento del sistema capitalistico, al massimo, i più “avanzati” propendono per una sua lenta riforma dall’interno.

Definite queste compatibilità dalle quali i partiti non intendono discostarsi, tutto ciò che rimane è ben poco, sono minchiate, piccole cose che non intaccano la sostanza dello sfruttamento quotidiano, dei rapporti di forza tra ricchi e poveri, tra potenti e subalterni. E loro, su queste briciole, che ci presentano come fattori importantissimi, imbastiscono il teatrino quotidiano della cosiddetta lotta politica, del cosiddetto scontro, della loro sedicente diversità. Mediocri e ipocriti, si fingono disinteressati e diversi fra di loro, eroici portatori di interessi di parte, e fanno passare l’idea malsana che l’unico modo di far politica, di interessarsi dei problemi reali, di pensare di poter cambiare l’esistente, è fare come loro, prendere parte alle loro sceneggiate nei consigli comunali, provinciali, regionali o al parlamento, perchè ogni altro modo è qualunquismo, populismo, terrorismo e via proseguendo con tutti gli …ismi di questo mondo.

 

L’ALTERNATIVA DAL BASSO

Allora come mettere in pratica un modo di far politica diverso, che produca cambiamenti veri?

Partire dall’INTERESSE. L’interesse comune ai lavoratori, ai giovani, a coloro che vengono quotidianamente privati dei più elementari diritti e delle possibilità di migliorare la loro vita. E ORGANIZZARSI.

Organizzarsi in maniera diversa, opposta ai modi cosiddetti tradizionali, fallimentari e truffaldini degli autoritari d’ogni colore. Organizzarsi in comitati, in assemblee, in cui il potere decisionale sia di TUTTI, in cui non si eleggano capi e burocrati, ma, quando occorre, si diano deleghe momentanee, provvisorie, a rotazione e revocabili in qualsiasi momento. E così, tutti assieme, veramente partecipi tutti della gestione di un determinato problema, portarlo avanti.

Dai problemi più semplici di un quartiere, un condominio, una scuola, un posto di lavoro, a quelli più grandi di un paese o una città, tutto è gestibile e affrontabile dai diretti interessati, senza più professionisti della politica in mezzo ai piedi.

In più, avendo compreso che l’Interesse del singolo coincide con l’interesse di tutti, si sviluppa un senso di solidarietà e di complicità che dà coesione all’azione. Avendo abolito i lacci e le catene che impedivano la partecipazione, si scatena l’entusiasmo, l’emulazione, la gioia dell’esserci e del fare: proprio quella che i partiti hanno spento, perché a loro interessava un popolo stanco, disilluso, obbediente e delegante. Un gregge da governare e tanti pastori (loro, assieme ai preti, ai sindacalisti, ai vertici militari) per tenerlo a bada e sfruttarlo.

Stiamo parlando di cose che si chiamano DEMOCRAZIA DIRETTA, che si chiamano AUTOGESTIONE, che si chiamano MUTUO APPOGGIO, che si chiamano TUTTO IL POTERE ALL’ASSEMBLEA, cioè IL POTERE A NESSUNO. Stiamo parlando di pratiche di partecipazione che oggi vengono messe in campo in molti posti del mondo, dal Messico (Chiapas, Oaxaca) all’Argentina (fabbriche occupate e autogestite), dall’India (movimenti dal basso di contadini e piccoli produttori) all’Africa (villaggi autogovernati), a tante località e situazioni d’Europa e d’Italia, dove comitati, gruppi, assemblee, movimenti, coordinamenti, portano avanti lotte ed esperienze per affermare la loro ferma opposizione a progetti devastanti dei rispettivi stati e del Capitale, per contrapporsi alla politica corrotta e cinica che sparge inquinamento e tossicità, toglie lavoro, produce profitti per i banditi del capitale. In questi giorni l’assemblea permanente dei precari di Madrid e di altre centinaia di città spagnole ne è solo l’ultimo esempio: hanno invitato a non andare a votare, dichiarando di non sentirsi rappresentati dai politici, ai quali hanno gridato in faccia: “Que se vayan todos” (che vadano via tutti).

Questa è l’alternativa vera per il cambiamento.

Non si può ancora continuare a credere che le decisioni che riguardano una città come Ragusa vengano prese al consiglio comunale, oppure nelle riunioni della giunta o dal sindaco: i consiglieri, gli assessori, il sindaco stesso sono solo dei pupi manovrati dai pupari. I PUPARI sono i grossi appaltatori, gli industriali, i dirigenti delle banche, i vertici della chiesa; sono gli stessi che finanziano i partiti e le loro campagne elettorali; sono quelli che comandano sull’economia della città e sulle sorti dei suoi abitanti. E’ nei loro salotti, nelle loro ville, nei loro uffici che si PIANIFICA la vita di una città, quanto cemento si deve spargere, quanti progetti si devono far passare in consiglio, quali progetti devono essere favoriti, quali clienti vanno accontentati. E tutto questo viene spacciato dai pupi per normale iter amministrativo e politico. Ma i pupi sono solo strumenti dei pupari, sono solo servi, sono solo illusionisti che devono nascondere la realtà, mistificarla, mettendo in scena tutti i giorni LA FARSA DEMOCRATICA, il teatrino del consiglio comunale, le finte schermaglie degli opposti schieramenti. Poi, a fine mese, tutti a mangiare nella stessa mangiatoia, tutti a succhiare dalla stessa mammella: i soldi dei cittadini.

NON VOTARE è scoprire la TRUFFA ELETTORALE, e di conseguenza RIPRENDERSI LA LIBERTA’ di CRITICA, di PROTESTA, di LOTTA.

 

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Una lunga serie di progetti devastanti o di vere e proprie prese in giro interessano la nostra città. In materia di infrastrutture, tutti si sgolano perché da questo punto di vista siamo terzo mondo. Ma tutti, a giro, sono stati al governo del comune, e i loro partiti di riferimento, a giro, sono stati al governo della regione e dello stato. La situazione infrastrutturale non è mai cambiata, anzi è peggiorata.

Adesso fingono di sgolarsi per il raddoppio della strada Ragusa-Catania, mentre non hanno fatto nulla per far diminuire il traffico dei TIR; anzi, quando le ferrovie tagliavano tutti gli scali merci della provincia (ben 7), costoro non dicevano nulla o si limitavano ad apparizioni da passerella: così, negli anni, la merce trasportata dai treni è passata sui TIR ed è aumentata rendendo impraticabile la viabilità extraprovinciale. Ancora oggi costoro fingono che non esista un problema ferroviario e chiedono l’autostrada Ragusa-Catania, cioè tanti cantieri con cui i signori del cemento possano continuare a ingrassare. Nessuno parla di rilanciare il trasporto merci su rotaia e togliere traffico camionale dalle strade.

Si stracciano le vesti per lo scippo della legge su Ibla: 5 milioni di euro annui previsti. Ma dov’erano i 5 deputati provinciali quando a Palermo si consumava il misfatto? Dormivano? Erano a donne? E come mai nessuno si è, non diciamo stracciato la veste, ma nemmeno lamentato con un comunicato stampa, quando, nello scorso ottobre, si è venuto a sapere che erano stati scippati da Tremonti i 30 milioni per la nostra tratta ferroviaria,compresa la metropolitana di superficie di Ragusa?

Tre siti della città sono stati sventrati per i parcheggi sotterranei a pagamento. Uno è già funzionante ma semi vuoto. A che pro lamentarsi, come fa qualche candidato, quando l’iter di questi parcheggi è un’eredità dell’amministrazione Arezzo, poi gestita dalla giunta Solarino e ripresa dall’attuale Dipasquale? Parcheggi bipartisan, quindi. Ovvero: sventramenti bipartisan del centro per consolidare un’idea di viabilità incentrata sull’automobile, sul traffico, sull’inquinamento. I parcheggi porteranno più auto in centro, e non contribuiranno affatto al miglioramento della qualità della vita a Ragusa. Le proposte alternative sono state snobbate, oppure si è giocato sporco fingendo pentimenti e ravvedimenti (Nello Diparcheggio), senza poi far nulla per attuarli. Ci riferiamo alla metropolitana di superficie, basata sull’attuale tracciato della linea ferroviaria: un progetto fattibile in tempi brevissimi, già in parte studiato e finanziato. Ma c’era poco, troppo poco da mangiare…

Dove invece c’è da mangiare, l’attenzione dell’amministrazione è stata alta: vedi ad esempio i piani per l’edilizia economica e popolare (peep), preceduti da una scandalosa compravendita di terreni alla periferia sud, e da una combattuta, ma alla fine vinta (dall’amministrazione) battaglia per escludere quei terreni sospetti: una battaglia dalla quale sono stati esclusi i cittadini.

Cementificare altri 2 milioni di metri quadrati di territorio ex agricolo, vuol solo dire essere al servizio degli imprenditori edili, dell’associazione costruttori, dell’ordine degli architetti, della lega delle cooperative, i quali, tutti assieme, da anni decidono le sorti dell’edilizia e dei lavori pubblici, e della stessa vivibilità cittadina, condizionata fortemente dalla cementificazione urbana nelle periferie, che ha avuto come contraltare l’abbandono e il degrado del centro storico. Su queste politiche l’azione timida dell’opposizione e il mancato coinvolgimento dei cittadini, hanno fatto il gioco dei ricchi appaltatori, coloro per i quali è stato inventato lo slogan “Ragusa grande di nuovo”! e l’attuale “Ragusa ancora più grande”. Dove vogliano arrivare i signori che hanno programmato tali scempi, coloro che hanno pianificato la costruzione di un’altra grande città di 200.000 abitanti mentre Ragusa stenta a staccarsi dai 70.000 abitanti, è chiaro: una città a misura di speculatori. E quando avranno finito con le periferie comincerà l’assalto al centro storico, con la scusa della sua rivitalizzazione: demolizioni, altri parcheggi minori, ristrutturazioni, magari in nome della “bonifica” dal degrado che essi stessi hanno creato e con un velato razzismo che attribuisce tale degrado alla presenza delle varie comunità di immigrati.

Si tratta dello stesso spirito che sta permettendo di scippare la Rotonda Maria Occhipinti ai cittadini per darla in concessione ad uno pseudo movimento, nato da una costola di Forza Italia, che dovrebbe realizzarvi una panineria, espropriando così ai cittadini uno dei pochi luoghi d incontro fra ragusani e immigrati, che andrebbe, invece, risistemato, illuminato e attrezzato per una maggiore fruibilità.

Il periodo che stiamo attraversando è anche uno dei peggiori per la cultura: le politiche di questi anni l’hanno ridotta a una questione marginale; chi vuol far cultura deve trasformarsi in questuante delle amministrazioni, per ricevere un contributo; il Centro Servizi Culturali è da tempo il fantasma di quella struttura viva al servizio delle realtà culturali: oggi è praticamente quasi inutilizzabile, per le chiusure serali e nei fine settimana e festivi. La città si è appiattita; il fermento culturale giovanile, musicale e non, si è spento, e chi resiste va a ruota dell’assessore al ramo.

L’esperienza autonoma del collettivo La fabbrica, che aveva occupato l’ex Hotel San Giovanni, è stata prontamente stroncata dalle forze del dis-ordine e successivamente dalle vacue promesse di un sindaco vasa-vasa che sì è tolto, così, una spina fastidiosa dal fianco. In quanto alle opposizioni, sono state assenti in tutte le fasi dell’occupazione, e, ovviamente, anche dopo. La Fabbrica aveva costituito un centro di aggregazione vivace, gratuito, aperto a tutti, e perciò stesso pericoloso per gli assetti di una città che deve dormire o svegliarsi solo quando deve chiedere l’elemosina al potente di turno.Ora ci sbandierano l’apertura della Biblioteca Comunale, inaugurata in fretta e furia in periodo elettorale, e ancora in gran parte inagibile, sul cui iter è meglio stendere un velo pietoso, visti i decenni passati dall’inizio dei lavori, gli errori progettuali di cui si parla in giro, l’impiantistica da rifare per poter rispondere alle normative vigenti…

E poi spuntano i cantieri di lavoro per i giovani, un’insana abitudine che credevamo superata: pacchiana elargizione di contributi in campagna elettorale; spudorato uso del denaro pubblico per i fini politici dell’amministrazione uscente. Un’amministrazione che ha speso molti soldi dei cittadini per farsi la campagna elettorale: sponsorizzazioni di eventi, contributi a pioggia a tutte le parrocchie, inaugurazioni, lancio della raccolta differenziata in tutto il centro storico, senza porre rimedio alle molte falle di tale raccolta nelle zone dov’è già in atto; con una informazione superficiale e lacunosa e un’organizzazione che lascia molto a desiderare. Del resto è noto l’approccio a tali problemi: sempre dalla parte di chi può trasformarsi in cliente e in portatore di voti. La vicenda della discarica di cemento-amianto è esemplare: bloccata ogni cosa, senza porre alternative; totale disinteresse verso le sollecitazioni esterne; in perfetta compagnia del PD che ha fatto analoga campagna senza porre soluzioni alternative, come sollecitato dalle associazioni e dai cittadini.

In tema ambientale, del resto, sono in agguato i signori della SES (eolico), già grati al sindaco di Ragusa e elargitori di una cena agli impiegati comunali; i petrolieri, entusiasti della collaborazione dell’amministrazione, tanto da impegnarsi solennemente a ristrutturare piazza libertà quale segno di gratitudine. E una delle iniziative tanto gradite a questi signori, è stata quella della “battaglia” del sindaco contro il Parco degli iblei e il piano paesaggistico. Il territorio ibleo è al centro di interessi d’ogni tipo: lobbyes del fotovoltaico, saccheggiatori delle sabbie del nostro mare, trivellatori di terra e di mare, costruttori di centrali nucleari… Un’aggressione concentrata, che ha bisogno di infiltrati e quinte colonne per passare nella maniera più indolore.

 

Quando il popolo abbassa la guardia; quando si rassegna a sopportare ogni genere di abuso; quando la spinta al cambiamento si trasforma in ricerca del favore personale. Quando i diritti vengono confusi con le concessioni; quando la dignità viene seppellita sotto tonnellate di deleghe in bianco, accade quello che sta accadendo.

 

E’ giunta l’ora che i cittadini si riapproprino del loro destino e si interessino dei loro problemi, ricercando soluzioni per risolverli, cominciando a mettere in moto un’azione dal basso che ricrei le condizioni per una partecipazione popolare che si sostituisca ai partiti, alle loro burocrazie, ai loro fini nascosti, e si opponga ai pupari che condizionano le nostre vite e il nostro futuro.

 

Gruppo Anarchico di Ragusa

Ragusa, 24-5-2011

 

 

Il Gruppo Anarchico di Ragusa si riunisce presso la Società dei libertari, in via G. B. Odierna, 212. Aperta tutti i lunedì, mercoledì, venerdì e sabato, dalle ore 18 alle ore 20.

Sicilia libertaria è il mensile che gli anarchici pubblicano a Ragusa dal 1977. Si può trovare presso la sede o nelle principali edicole del centro e di Ibla.

Sul sito www.sicilialibertaria.it è possibile reperire altre informazioni e documentazioni sugli anarchici, le loro attività e le loro posizioni.

 

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