Siamo tutti palestinesi

Da tre mesi va avanti lo sterminio della popolazione palestinese, sotto gli occhi del Mondo intero; sembra ormai chiaro che lo Stato di Israele voglia sbarazzarsi di un popolo che in oltre 70 anni di occupazione dei propri territori, non si è mai arreso, pur essendo costretto a vivere in condizioni di estrema umiliazione, repressione, segregazione, sottomissione e violenza. Da Gaza i bombardamenti si sono allargati alla Cisgiordania, dove si affiancano all’azione quotidiana dei coloni, improntata ad un razzismo di fondo e da metodi e idee fasciste.
A questo punto Hamas non c’entra più nulla; è stato solo un pretesto – oltre tutto coltivato, finanziato, difeso e sostenuto anche dal governo israeliano per tenere divisi i palestinesi e giustificare le proprie politiche espansioniste. Siamo passati da un regime di apartheid, all’espulsione definitiva del popolo di Palestina dalla propria terra.
Le nostre remore e critiche al movimento di Hamas – integralista, patriarcale, autoritario e alla violenza della sua azione del 7 ottobre nei territori occupati oltre il muro della vergogna, rimangono un fatto oggettivo, ma insistere su di esse rischia di prestare il fianco a teorie giustificazioniste della brutale azione militare dell’esercito israeliano, appoggiato direttamente dagli Stati Uniti, armato con sistemi provenienti dalle industrie belliche di mezzo Mondo, fra cui spiccano quelle italiane.
La guerra di Israele contro i palestinesi invece non ha nessuna giustificazione; è il tentativo di portare a compimento le teorie sioniste dell’espansione totale in Palestina, un progetto che non nasce certamente il 7 ottobre 2023, ma che prosegue anche da prima della seconda guerra mondiale, e dopo ha assunto un carattere permanente, coperto strumentalmente dalle vicende della Shoah. E’ l’esempio di quanto le sofferenze di un popolo possano non contare nulla quando uno Stato che di quel popolo si erge a rappresentante nazionale e religioso, fa patire ad un altro popolo sofferenze e violenze. Ed è inutile fare paragoni su quale sia la disgrazia maggiore tra Olocausto e sterminio della popolazione palestinese: quando la follia degli Stati e degli eserciti si impone, non vi è nulla da salvare, nulla da giustificare.
In tre mesi il numero dei civili assassinati nella sola Striscia di Gaza ha raggiunto la cifra di 30.000, di cui oltre 11.000 bambini e 6000 donne; un centinaio i giornalisti uccisi, circa 250 i medici, oltre 150 i dipendenti dalle varie agenzie umanitarie; 70.000 le case distrutte, oltre 180.000 quelle danneggiate; centinaia di scuole rase al suolo, come quasi tutti gli ospedali, 2 milioni i profughi, costretti alla fame, al freddo, alla mancanza di cure e bombardati nei campi di fortuna che li ospitano. Nella Cisgiordania il numero delle vittime si alza di giorno in giorno sotto le bombe dell’esercito; gli abitanti vengono fatti evacuare dai villaggi, le loro case requisite, le coltivazioni distrutte dalle le bande neonaziste dei coloni.
Di fronte a tutto questo ogni atto di resistenza acquista legittimità e sarà così per molto tempo; per quanto i media occidentali continuino a dare il massimo rilievo all’ostaggio morto o al “terrore” per i lanci di razzi da Gaza o dal Sud Libano, dimostrandosi meri strumenti di propaganda israeliana e sionista, c’è un popolo che sta per essere cancellato con l’assassinio di massa premeditato, con la dispersione e la deportazione, e necessita della massima solidarietà. Una solidarietà fatta non solo di parole e di commozione, ma di gesti concreti, aiuti materiali, boicottaggio dell’economia dello Stato di Israele, azioni di lotta nei confronti di tutti i suoi uffici di rappresentanza e dei suoi partners.
L’Onu in tre mesi è rimasto imprigionato nei veti degli Stati Uniti; la sua impotenza lo esclude dai soggetti preposti ad individuare soluzioni politiche alla questione palestinese. I paesi arabi si muovono solo misurando il proprio tornaconto; per essi i palestinesi sono ormai un amico scomodo, nonostante Hamas. Il popolo palestinese è solo, ed è dovere di tutti noi stare al suo fianco, oggi nella resistenza, domani nella costruzione di una società laica, egualitaria e autogovernata, libera dalle ipoteche imperialiste e sioniste e dalle loro proposte interessate e perdenti, come quella di uno Stato palestinese retto da amici di Israele e degli Stati Uniti.

Siamo tutti palestinesi.

Pippo Gurrieri

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