Senza servi nessun padrone

Un vecchio contadino calabrese ripeteva che alla pecora si può togliere il latte; si può togliere la lana… ma se gli si toglie la pelle, allora muore.

Oggi gli uomini del capitale che gestiscono le banche e il governo stanno cercando di togliere al popolo le sue conquiste, i suoi beni di prima necessità, il suo reddito, le sue capacità di proiettarsi in un futuro immediato con delle basi di certezza; in poche parole, la sua pelle. Il problema però è che le persone non sono pecore; metaforicamente forse si, ma praticamente no. Il potere non può fare a meno dei sudditi; se non ci sono sudditi non c’è potere. Senza servi nessun padrone. Quindi l’operazione di tosatura e sfruttamento intensivo del gregge umano si fermerà un attimo prima di intaccare la vita stessa delle vittime. Ci potrà essere qualche sacrificio, qualche morto sotto i colpi della polizia o degli scagnozzi fascisti, questo è messo nei conti ed è sempre accaduto; ma la strategia non è quella dell’annientamento ma quella della massima spremitura unita al maggiore annichilimento; alla fine dovranno esserci solo sudditi, rassegnati o persino accondiscendenti, ma pur sempre sudditi.

E’ la dinamica della lotta tra le classi; ogni potere cerca di imporre il massimo controllo e di succhiare il midollo spinale della classe subalterna fino in fondo. Gli equilibri che si instaurano tra la resistenza di chi gli si oppone e la sua forza di persuasione e imposizione, stabiliscono i livelli di libertà del sistema. Quando gli equilibri si spostano in favore della classe dominante, ciò che ne risulta somiglia molto alla dittatura; e di fatto, se ci riflettiamo bene, anche questa odierna è una dinamica dittatoriale moderna, che utilizza strumenti di oggi per ottenere i medesimi risultati d ieri: libertà di opprimere e popolo diviso tra acclamanti e dissidenti costretti al silenzio.

Tutti i segnali che abbiamo sotto gli occhi, vanno in questo senso. Classe politica, imprenditori, chiesa, sindacati, tutti plaudono all’esecutivo, alle sue scelte “dolorose” ed emergenzialiste; qualcuno fa il giochetto del dissidente, ma sotto sotto avalla, o si limita a non far nulla di concreto per combattere la fonte da cui derivano il proprio sostentamento e i propri privilegi.

La coalizione di governo, per pagare la banda dei padroni, degli speculatori, degli evasori, dei corruttori, sta facendo una strage dei diritti che si credevano fino a poco tempo fa, acquisiti definitivamente; sta saccheggiando il reddito dei ceti medio bassi, quello che puzza del sudore di generazioni, per trasferirlo nelle casseforti dei ricchi, creditori di quello stesso Stato che hanno depredato. “Crisi”, bisogno di crescita, snellire il mercato del lavoro; il linguaggio dei potenti va tradotto con una sola frase: far pagare a lavoratori, pensionati, artigiani, precari, la crisi del capitalismo.

Oggi ogni italiano, dal neonato al vecchio centenario, ha un debito di 32.000 euro; debito che non ha contribuito a creare, ma che si trova sul groppone. Sotto il nome d riforma del lavoro sta passando la libertà di licenziare, grazie alla quale i padroni non avrebbero più bisogno di delocalizzare le aziende nell’Est Europa, perché le medesime condizioni di sfruttamento sussistenti in quelle aree, adesso si stanno imponendo in casa nostra. Grazie al ricatto economico, la moltitudine è costretta ad accettare il modello di schiavitù che hanno disegnato per essa, pena il rimanere fuori, alla fame. Così si spiega il “largo consenso” di questo governo. Anche Mussolini ce l’aveva. In realtà è la televisione a fabbricare un consenso velleitario quotidiano, occultando o mistificando tutti quei fatti che contraddicono la facciata ufficiale che ci si mostra; la propaganda di regime funziona a pieno ritmo.

Non resta altro che insorgere e resistere, che vuol dire vendere cara la pelle. O non venderla affatto.

Pippo Gurrieri

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