Ripartire da Lampedusa

Nei giorni 31 gennaio e 1 e 2 febbraio Lampedusa è stata teatro della conferenza tra organizzazioni, associazioni, comitati e gruppi italiani e internazionali, che si occupano di immigrazione; scopo dell’iniziativa era – come abbiamo scritto sullo scorso numero – la definizione della “Carta di Lampedusa”, un documento programmatico contenente le linee guida di un impegno improntato a idee e pratiche di giustizia, libertà, eguaglianza, internazionalismo. Nella premessa si dichiara che la “Carta” non rappresenta né una proposta di legge né una richiesta agli stati e ai governi, ma un programma di lotta per l’affermazione di un “diritto dal basso”.

Il documento è una sorta di riepilogo e riordino di quelli che sono stati e sono gli aspetti che più caratterizzano l’opposizione internazionale alle leggi liberticide e xenofobe, discriminanti e oppressive, complici dei genocidi e fautrici di stragi e drammi interminabili, e come tale è pienamente sottoscrivibile. I punti, in dettaglio, riguardano la libertà di movimento, la libertà di scelta, la libertà di restare, la libertà di costruzione e realizzazione del proprio progetto di vita in caso di necessità di movimento, la libertà personale, la libertà di resistenza. La prima parte della “Carta” affronta il significato di queste “libertà”, mentre la seconda sviluppa ogni punto in una chiara rivendicazione, in obiettivi da perseguire, in una piattaforma di lotta internazionale. Vi si trova la smilitarizzazione dei confini, l’abolizione di tutte le operazioni legate alla militarizzazione dei territori e al controllo delle frontiere, e la riconversione delle risorse verso l’arrivo garantito ai migranti per necessità; vi si ribadisce un chiaro no a Eurosur, Frontex, ma anche a Sigonella, base di transito dei reparti militari USA specializzati nell’addestramento delle polizie e degli eserciti dei vari regimi africani, ed anche al MUOS di Niscemi, strumento per la guida dei droni ed il controllo dei mezzi militari, fra cui quelli impiegati in funzione anti immigrati. Vi si elencano i diritti “non negoziabili”, quali il diritto all’abitare, all’istruzione, ad un lavoro non soggetto a sfruttamento, alla cittadinanza, a costituire nuclei familiari e unioni di fatto, ecc.; si ribadisce l’abrogazione del reato di ingresso irregolare e di ogni norma che limiti le libertà elencate, e l’abrogazione dell’istituto di detenzione amministrativa e di tutti i centri di detenzione comunque denominati.

La “Carta di Lampedusa” rappresenterà un vero salto di qualità nell’impegno a favore di politiche di accoglienza sganciate da logiche emergenziali, razziste e militariste e da necessità produttive del capitalismo, nella misura in cui le pratiche dal basso di solidarietà e di impegno a favore della libertà dei migranti quale tassello fondamentale della libertà di tutti, troveranno coesione, forza e capacità di espandersi e imporre questa diversa visione e le soluzioni in essa prospettate.

Certamente richiedere tali garanzie per i migranti non può far dimenticare le cause che provocano questo tipo di emigrazione per necessità di sostentamento o per guerre e dittature, e quindi il nesso strettissimo tra la lotta antirazzista nel suo complesso e la più generale battaglia anticapitalista, antimilitarista e antistatale; il legame causa-effetto è imprescindibile per qualsiasi approccio che voglia realmente portare sino in fondo questo tipo di lotta; e fondamentale resta il metodo “dal basso”.

Pippo Gurrieri

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