SENZA PADRONI

Europa. Astensionismo elettorale come Resistenza

SENZA PADRONI

 

L’Europa vista dalla Sicilia è un’entità lontana; per 160 anni siamo stati il fanalino di coda dell’Italia, e adesso ci ritroviamo ad essere il fanalino di coda dell’Europa, ai margini dell’impero. Ma essere ai margini non significa essere dimenticati, significa soltanto essere oggetto di particolari riguardi, che in genere coincidono con parole come “frontiera”, “eserciti”, “difesa”. E infatti la Sicilia si trova a rivestire – suo malgrado – l’angusto ruolo di estremo lembo della “Fortezza Europa”, bastione difensivo contro le ”orde” di invasori che scappano via da guerre, pestilenze, dittature e miseria e cercano di approdare sulle sponde di quell’area geopolitica che è causa dei loro mali: questo lembo di occidente capitalista di qua dell’Atlantico, che con l’altro posto di là – gli USA – determina le funeste sorti dei Paesi del Sud del Mondo.

Ed ecco perchè le coste siciliane, già fortemente militarizzate dalle forze occupanti USA e NATO, sono anche al centro dell’operazione Mare Nostrum, grande dispiegamento di forze armate per controllare i flussi migratori dall’Africa, spacciata come operazione umanitaria.

Da tempo i popoli del vecchio continente, e quelli dell’area mediterranea in particolare, sono vittime della terapia shock che negli ultimi anni la governance europea ha imposto, con la scusa di fare uscire le società da una crisi che le popolazioni non hanno certo provocato.

E’ stata, e continua ad essere, una terapia a senso unico che ha falciato vittime a colpi di tagli ai salari e di un assalto senza precedenti ai servizi pubblici, smantellati e privatizzati. Le pensioni sono state indicate come uno dei principali fattori di destabilizzazione, e oggetto di inique riforme che ne hanno prolungato le possibilità di accesso ridimensionando il loro potere d’acquisto, spingendo e costringendo la forza lavoro più giovane a rivolgersi ai fondi pensione privati, occasione di speculazione per banche e sindacati.

I Piani di Stabilità Finanziaria hanno posto i Paesi meno solidi in una condizione di indebitamento perenne con la Banca Europea; con il Fiscal Compact l’Italia, cioè i cittadini, dovrà pagare 50 miliardi l’anno del proprio debito di 1.100 euro fino al 2035, e se non riuscirà a onorarlo spontaneamente, subirà il prelievo forzato previsto dalla regole restrittive sui deficit di bilancio. Aspettiamoci delle leggi finanziarie sempre più accanite sui ceti più deboli e numerosi.

L’Europa politica e finanziaria ha prodotto una centralizzazione dei poteri verso la Commissione Europea e il Consiglio d’Europa, che assieme alla Banca Centrale Europea rappresentano lo strapotere politico-economico anima delle strategie neoliberali che stanno cancellando i diritti sociali e del lavoro e sanno scavalcando gli stessi poteri nazionali, dando tuttavia ai governi e alle èlites economiche di ogni singolo Stato una grande opportunità per liquidare la più parte dei diritti e delle conquiste dei lavoratori, imponendo – con la complicità di sindacati e della cosiddetta sinistra, una eguaglianza al ribasso.

Nel 1992 la costruzione della nuova Europa veniva annunciata come l’occasione per rilanciare occupazione e produttività; oggi il numero dei disoccupati ufficiali nei paesi UE è arrivato a 26 milioni; cui vanno aggiunti i milioni e milioni di precari e di inoccupati non contabilizzati dalle bizzarre metodologie di indagine statistica.

L’Euro ha provocato un moto speculativo senza precedenti e nello stesso tempo una violenta deindustrializzazione dell’area mediterranea, con delocalizzazioni e chiusure di migliaia di stabilimenti. Risultato? In ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, con uno scivolamento repentino verso il baratro della povertà per milioni di individui e di famiglie.

Come se il quadro di questa “costruzione” capitalistica e liberista non fosse già abbastanza cupo per le classi lavoratrici, con l’arrivo del trattato TTIP – una sorta di Mercato Comune Transatlantico tra UE e USA, – la situazione precipiterà completamente. La “NATO economica”, come realmente va inteso il trattato – è un’operazione scandalosa condotta direttamente da Stati Uniti e Germania, che parte dal presupposto di integrare economicamente i paesi del Patto Atlantico, in realtà sottomettendoli in maniera totale allo strapotere delle multinazionali.

Col TTIP, infatti, le regolamentazioni nazionali in materia sociale, ambientale e lavorativa che hanno protetto, anche se in maniera sempre meno efficace per via del forte attacco alle classi popolari, i diritti delle persone e dell’ambiente, vengono ad essere scavalcate. Il “principio di precauzione”, che fino ad ora ha funto da freno riguardo, ad esempio, la diffusione di sostanze tossiche, la sicurezza alimentare e ogni altro attentato alla salute dei cittadini e all’ambiente, viene a cadere, aprendo la strada all’invasione degli OGM e ad ogni altra irruzione minacciosa. Il TTIP permette la caccia indiscriminata al petrolio e al gas nei nostri mari e nelle nostre coste, senza tenere conto delle normative di sicurezza fino ad ora vigenti a livello statale. Il canale di Sicilia è un’area tra le più ambite di questa caccia, e i pescicani del petrolio mondiale si preparano all’assalto finale con centinaia di trivellazioni; a Pozzallo a breve entrerà in funzione la seconda piattaforma, Vega B, a soli 11 km dalla costa.

E’ evidente che da una centralizzazione disastrosa si passa ad una ancora più pericolosa, che toglie potere e autorità agli stati per rendere ancora più totalitaria la gestione delle relazioni tra organi di comando e dominio e cittadini sudditi. L’Europa verso cui si marcia è sempre più quella dei ricchi, dei potenti e dei prepotenti, e nessuna legittimità più avere da parte dei popoli che ne sono le vittime sacrificali. Il sogno federalista europeo è solo un vago ricordo; quello che abbiamo di fronte è un mostro da combattere in nome di un’Europa dei popoli che nulla ha a che vedere con l’Europa delle multinazionali e degli Stati, e che proprio per questo non va riconosciuta né con un voto né con una illusione di cambiamento che passi dalla conquista delle sue istituzioni, come certi settori della sinistra vecchia e nuova, uniti per disperazione, vanno propagandando.

Il Trattato transatlantico va bloccato con una mobilitazione urgente diffusa in tutti i Paesi, che ponga al centro gli interessi ed i bisogni dei lavoratori e dei popoli.

Bisogna inoltre impedire che la destra nazionalista, fascista e razzista divenga partigiana dell’antieuropeismo, che usa e userà per mettere i popoli gli uni contro gli altri in nome della paura, del sangue e della razza. Bisogna costruire un muro contro il revanscismo reazionario e clerico-fascista, e dar vita ad un fronte comune di lotta dal basso internazionale in rappresentanza dell’Europa dei popoli che resistono alla cura shock del capitalismo, dei lavoratori che resistono al massacro sociale, che non riconoscono le frontiere insanguinate degli Stati.

L’unica Europa possibile è quella che, attraverso la ripresa del conflitto, si avvia a riconquistare diritti e speranza in un mondo migliore senza multinazionali, stati, governi, polizie, eserciti. La sua strada non passa per le urne, ma per la solidarietà internazionale, il mutuo appoggio, l’abolizione dei pregiudizi e del razzismo, l’imposizione di una equa distribuzione dei redditi e delle risorse, nel pieno rispetto delle persone, al di là dei generi e delle aree di provenienza.

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