Oltre la logica degli Stati

Proviamo a riflettere su ciò che sta accadendo in varie aree del Mondo, in particolare nel Nord e Centro Africa, nel Medio Oriente e in Asia.
Le lotte di liberazione nazionale sono un ricordo del passato; la loro storia ci parla oggi di una sconfitta e di una umiliazione per i popoli che ne sono stati – a diverso livello – protagonisti; gli Stati nazionali indipendenti affrancatisi dalle varie forme di colonialismo e di imperialismo, sono praticamente falliti; è abortita la loro pretesa di costruire società egualitarie e socialiste. Sia il modello statalista, spesso a imitazione di regimi esterni, che le facciate di democrazia, hanno prodotto corruzione, colpi di stato a catena, dittature, monarchie assolutiste e integraliste, aggiungendo problemi nuovi a quelli vecchi. Sia negli “stabili” sistemi petrolieri, che altrove, la storia post-coloniale è un percorso doloroso dove paternalismo e repressione, clericalismo e laicismo hanno faticosamente convissuto sul cadavere di qualsiasi progetto di emancipazione. La strada del nazionalismo, sganciata da qualsiasi prospettiva rivoluzionaria di cambiamento sociale, ha prodotto èlites feroci e guerre fratricide, logiche di supremazia e di sopraffazione.
La politica delle potenze occidentali ha imposto a queste aree strategie di assestamento economico e sociale all’insegna della subordinazione e della prostituzione, garantendo alle classi corrotte al potere privilegi e credibilità, sempre pronta a fargli guerra tutte le volte che queste han tentato di sottrarsi al loro nodo scorsoio.
Quando finalmente la parola è passata alle armi una voragine si è aperta, e dopo le bombe quel che ne è uscito fuori è sotto gli occhi di tutti: un verminaio di nazionalismi ancora più ottusi; integralismi religiosi in guerra con l’occidente, con altre correnti islamiche, con qualsiasi idea di libertà e di progresso; una dimensione conflittuale molto identitaria, formalmente antimperialista, ma al contempo restauratrice, totalitaria e fascista, con una particolare visione internazionalista intesa nel senso di espansione del proprio modello.
Quei popoli che un tempo lottavano per emanciparsi delle potenze egemoni nel loro territorio e dallo sfruttamento di classe, si sono trovati man mano schiacciati contro un muro a causa della borghesia locale conquistatrice e dell’accerchiamento voluto dalle potenze egemoni nel pianeta, avide di risorse energetiche, senza alternative che quelle offerte dai nuovi venditori di orgoglio e di felicità post-mortem.
Vista da lontano la situazione può prestarsi ad interpretazioni equivoche. In realtà le forze integraliste, nelle loro varie ramificazioni e differenze, non rappresentano i popoli di quei territori se non in minima parte; la paura e la rassegnazione rendono mute le opposizioni e silenzioso il dissenso diffuso verso le pratiche sessiste, fasciste e violente; ma dove i nuovi i equilibri non sono ancora consolidati, come in Tunisia e in Palestina, in Egitto e in Libano, forse anche nella stessa Siria e nella Libia, il fronte interno esiste e lotta accanitamente per non passare dalla padella filoccidentale alla brace integralista.
In questo è forse il Kurdistan il luogo più avanzato, sede di una rivoluzione in atto (si veda l’art. a pag. 6) e assieme alla Palestina rappresenta il banco di prova per una fuoriuscita dal basso dallo stato di guerra permanente. A Gaza e in Cisgiordania appare sempre più realistica l’opzione di una nuova intifada che rimetta il timone della lotta in mano ai movimenti di base, per intraprendere un percorso federativo che unisca le società israeliana e palestinese, oltre e fuori le logiche degli stati.
E’ difficile sottrarsi all’emotività del momento, specie davanti alle montagne di cadaveri; ma lo sforzo va fatto perché occorre soprattutto smarcarsi dalle ipocrisie occidentali, che oggi scoprono quel pericolo integralista che hanno alimentato anche direttamente, e che si ricordano del popolo curdo dopo averlo lasciato annientare per decenni con quelle armi che hanno venduto a Turchia, Iran, Siria e Iraq; e soprattutto occorre non lasciarsi coinvolgere dal richiamo “rivoluzionario” di movimenti che mentre liberano territorio al “nemico”, lo occupano con fanatismi, intolleranze e terrore.

Pippo Gurrieri

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