Contaminare la società

Mai come in questo periodo storico le pratiche libertarie hanno trovato una larga applicazione all’interno di movimenti e contesti conflittuali diffusi ai quattro angoli del pianeta: organizzazione orizzontale, azione diretta, mutuo appoggio, consenso condiviso sono diventati patrimonio diffuso laddove proteste, manifestazioni, occupazioni, autogestioni di spazi hanno mobilitato migliaia di persone mettendo all’angolo le forme partitiche gerarchiche.
In aree geografiche distanti fra di loro, popolazioni diverse per storia, lingua, cultura realizzano, vivono e difendono forme sociali non statali dove vige l’autogoverno comunitario (Chiapas, Rojava, ma anche Madagascar).
A tutto questo non corrisponde che in parte una crescita dell’anarchismo, come movimento storicamente propugnatore di queste posizioni, né gli anarchici partecipano a tutti i movimenti in questione, o quantomeno, non tutti lo fanno.
Questa effervescenza, tra l’altro, convive con una crisi della militanza tradizionalmente intesa, in parte spiazzata, in parte a causa della personalizzazione dei problemi sociali e della chiusura individuale, sospinte dal sistema liberista per arginare la riaggregazione di pulsioni collettive e lo sprigionarsi di movimenti di massa antagonisti al sistema.
Per noi che viviamo nel fianco Sud dell’impero, una serie di specificità incidono negativamente sul manifestarsi di tali forme di conflitto, in primo luogo la devastazione culturale provocata dalla degenerazione della politica in corruzione e mera ricerca del potere, da cui deriva un deserto cultural-qualunquista e una forma di delega non manifesta caratterizzata dalla passività dilagante, a sua volta causa non secondaria di innumerevoli sconfitte sociali, la più grande delle quali è la ripartenza dei flussi migratori verso il nord e l’estero.
L’emigrazione meridionale non solo svuota le comunità delle loro forze giovanili, ma indebolisce anche i movimenti di resistenza, e si esprime non più e non solo nella forma storica di moto di reazione a frustrazioni e sconfitte che comunque era portatore di speranze e progetti di ritorno e di riscossa, ma come mera ricerca della sopravvivenza in terre meno avare, ma non più in grado di assicurare redditi dignitosi.
Per ripartire dal Sud, per resistere a Sud è necessario:
– mettere in piedi risposte all’attacco capitalista e alle sue espressioni più variegate, che abbiano connotati libertari nella forma che si danno e nella possibilità di incidere sul tessuto sociale e di coinvolgere strati popolari in pratiche di organizzazione dal basso, per invertire la tendenza alla “fuga” con iniezioni di entusiasmo e di speranza;
– superare sensi di impotenza e chiusure difensive o puriste, valorizzando l’impegno individuale dentro pratiche collettive impregnate di rabbia e di utopismo;
– rafforzare il fronte libertario e anarchico, mettendo da parte diffidenze e particolarismi, in favore di una rinnovata attitudine collaborativa non dogmatica, intelligente, ricca delle molteplici attitudini, inclinazioni, passioni;
– proiettare ogni sforzo nella possibilità di “influenzare” i movimenti (praticando il concetto di minoranza agente, rifiutando e combattendo il ruolo di avanguardia, assumendo, semmai, quello di “retroguardia” – per citare Uri Gordon), difendendone le connotazioni libertarie dalle insidie della politica partitocratica e istituzionale.
Ciò presuppone uno sforzo da parte di tutti gli anarchici, i libertari, i simpatizzanti, i propugnatori dell’autorganizzazione e dell’azione diretta, del mutuo appoggio e della lotta dal basso, finalizzato a creare momenti di dibattito, confronto, riflessione, elaborazione, e a sviluppare coordinamento, unità, federalismo fra individui, gruppi, situazioni, per far si che il momento particolarmente interessante che attraversano le società più diverse, compresa la nostra, possa crescere ancora, rappresentare una minaccia autentica per il potere, ridare fiducia ai popoli verso le possibilità di dare avvio ad una vera rivoluzione sociale.
Il mondo nuovo che desideriamo deve nascere tra di noi, e attraverso noi nella contaminazione che sapremo diffondere nella società.

Pippo Gurrieri

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