Il grecale

Soffia il vento greco sull’Europa, facendo volare alte le speranze di quanti, almeno in Italia, si attendono un contagio che risollevi le sorti di quel 4,03% (al netto è un 2,4%) raccolto da “L’Altra Europa con Tsipras” alle scorse elezioni europee.

Syriza, il partito della cosiddetta sinistra radicale, adesso governa, con l’appoggio dei populisti e razzisti di Anel, cui li unisce l’avversione all’austerità imposta dall’Europa dei banchieri, e poche altre cose. Ma per misurare se il vento che si alza dalla penisola ellenica sia effettivamente portatore di novità, occorrerà osservare come si muoverà la nuova coalizione.

Per attuare il suo programma (nuovi posti di lavoro, reintroduzione della tredicesima e del reddito minimo, cancellare i debiti dei più poveri, garantire l’assistenza sanitaria ai disoccupati, restituire i diritti cancellati) essa deve necessariamente colpire la classe capitalista, enormemente arricchitasi con gli aiuti statali, e la chiesa, entrambi esenti da tasse; deve ridurre le spese militari, far pagare chi esporta denaro all’estero, frenare la forte corruzione nello Stato, trattare la riduzione degli interessi sul debito. La Grecia, come l’Italia, ha assistito ad un forte trasferimento di ricchezza dai ceti popolari ad un pugno di famiglie ricche, mentre sulle sue maggiori imprese pubbliche incombe l’ombra dei rapaci colossi europei ed americani. Se accetterà lo scontro, Tsipras avrà dalla sua parte i lavoratori, ma si ritroverà anche sotto la pressione del capitale e delle banche, in un clima di scontro aperto che potrà regalarci a breve scadenza anche una Grecia fuori controllo, con un livello di conflittualità ancora più forte e con un governo costretto a intervenire per instaurare l’ordine. Le prime avvisaglie sono proprio in tal senso: la BCE annuncia la fine degli “aiuti”.

La Grecia è da tempo attraversata da esperienze di resistenza popolare e di autorganizzazione che hanno permesso, oltre la difesa dall’attacco straordinario alle condizioni di vita della maggioranza della popolazione, la sedimentazione di forme di politica dal basso sostituitesi alle fallimentari politiche governative, al welfare dilaniato, alla disgregazione prodotta da un impoverimento diffuso.

Parallelamente le forze neofasciste hanno fatto leva su malcontento e rabbia diffusi per rafforzare il loro consenso antigovernativo, dando vita ad una forte conflittualità con le forze di sinistra, libertarie, sindacali, movimentiste. Senza di loro le forze di polizia non sarebbero riuscite a contrastare la conflittualità dei settori di classe lavoratrice lasciata senza lavoro e senza reddito, del movimento delle occupazioni di case, spazi sociali, strutture pubbliche, atenei universitari, delle più disparate forme di autogestione e solidarietà sociale. Il movimento, attaccato da polizia e fascisti, è riuscito a tenere duro, pagando un caro prezzo in termini repressivi, con migliaia di arresti, l’apertura di prigioni speciali, e un numero non indifferente di vittime delle violenze. Anche se i fascisti di Alba Dorata hanno subito arresti, è del tutto evidente come la posta in gioco fosse quella di spegnere l’effervescenza rivoluzionaria nel paese.

Rispetto a tutto questo, Syriza, i cui militanti sono anche presenti all’interno delle variegate esperienze di resistenza e lotta, deve fare delle scelte: la prima di tutte è senz’altro un’amnistia generale per tutti i detenuti politici e i detenuti a causa di gesti collegati alla condizione sociale di indigenza e disperazione, sempre che riuscirà a fare i conti con gli apparati di esercito e polizia, e con l’establishement reazionario che da anni si annida nelle istituzioni elleniche. E’ probabile che ne sortisca un compromesso; Tsipras ha bisogno di non mostrarsi troppo “estremista” per non far paura all’Europa e a quei ceti medi moderati che hanno riposto in lui la speranza di un cambiamento. Anche verso i fascisti, ben posizionati in parlamento, non sarà facile adottare misure volte a ridimensionarli; le piazze, anzi, verranno scagliate contro il nuovo governo dalle forze di opposizione, che approfitteranno di ogni esitazione e di ogni errore. Per adesso ha imposto la polizia disarmata ai cortei.

Cosa accadrà nei movimenti? Cosa comporterà avere come controparte un governo “amico”? Come si trasformeranno le realtà di lotta e i conflitti? Queste sono delle incognite che presto verranno alla luce. La storia e l’esperienza ci dicono che ogni vittoria elettorale della sinistra rappresenta un calmante per le lotte, un rafforzamento del ruolo dei burocrati e degli intermediari, pronti ad aprire tavoli di concertazione, a mediare, a non forzare più la mano. Ma più questo si avvererà, più il grande bagaglio di esperienze di questi anni rischierà di disperdersi.

Spetterà alle forze anarchiche, ai movimenti popolari di base, prendere in mano ancora di più la situazione, sfuggendo ai ricatti (“chi critica il governo fa il gioco della destra”) e affermando che non ci sono governi amici. In questo senso, più i movimenti di base e di lotta degli altri paesi europei riusciranno ad esprimere conflittualità contro le politiche di austerità e il neoliberismo forcaiolo, più si consoliderà un fronte internazionale di opposizione rivoluzionario che darà filo da torcere ai padroni, alle banche e agli Stati, costruendo l’alternativa antiautoritaria.

Pippo Gurrieri

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