L’Europa non esiste

Le elezioni europee incombono, i vari schieramenti politici sono alla ricerca spasmodica di uno straccio di idea per presentarsi agli elettori, ma alla fine la questione migranti è diventata il buco nero che tutto attrae e in cui politici in carriera sguazzano a piacimento. L’Europa che si vuole percepire civile, democratica, aperta si sta schiantando sulle rotte del Mediterraneo. Dopo essere stata all’origine e complice dei disastri che hanno annientato un intero continente e reso instabili vaste aree del mondo, non riesce a governarne le conseguenze. Credeva di potere stare al riparo inventandosi i vari trattati di Dublino per gestire flussi migratori sempre più consistenti provenienti dai territori della disperazione. Oggi quei trattati nei fatti non esistono, ma non esiste nessuna politica se non quella della chiusura, del respingimento, dell’indifferenza al destino di migliaia di esseri umani che vengono lasciati annegare o abbandonati alle torture, agli stupri, ai soprusi di carcerieri in Libia o in Turchia, o ammassati nei campi profughi di Niger o Ciad. A destra come a sinistra, che ci si proclami nazionalisti-sovranisti o europeisti non ci sono differenze: i migranti vanno fermati. Ci si è anche inventati un comodo e caritatevole slogan: aiutarli a casa loro. Il che significa che, non potendo e non volendo rinunciare ai lauti affari che i vari stati e le varie multinazionali fanno e non potendo e non volendo far cessare le guerre che si combattono e le cui armi da quegli stati e da quelle multinazionali vengono fornite, gli europei sono pronti a finanziare campi di detenzione, polizie e guardie di frontiera e costiere in Africa, per bloccare anche quella piccola parte di profughi che vorrebbe tentare l’avventura nel vecchio continente.
La forzatura del governo italiano, che chiude i porti impedendo l’attracco alle navi che hanno a bordo migranti, ha fatto saltare il coperchio al fragile sistema europeo d’accoglienza. In fondo l’Italietta di Di Maio e Salvini sembra essersi assunta il compito di fare il lavoro sporco e mostrare la faccia feroce, incarnata alla perfezione e con un certo compiacimento dal ministro dell’Interno. L’instabilità di un sistema economico bloccato e il precario equilibrio sociale su cui sono inchiodati i paesi europei non permettono di sostenere un afflusso, seppure minimo, di persone che non possono più servire neppure da esercito di riserva di manodopera, avendolo già in casa questo esercito e non rappresentando più la classe lavoratrice un pericolo, ridimensionata nei suoi diritti e nelle sue aspirazioni.
Se la gestione dei flussi migratori ha messo in crisi l’Europa dei contabili, dei burocrati, dei profittatori, un’Europa in cui sono più le spinte centrifughe – Brexit e ancora più asse Francia Germania – che le volontà d’unità, rimane da chiedersi se veramente può esistere un’Unione reale, politica come da più parti si auspica. Il mito dell’Europa dei popoli, culla di civiltà, dalle comuni radici culturali, nato dalle macerie della seconda guerra mondiale, è il paravento dietro cui si nascondono banchieri e politicanti; il Manifesto di Ventotene il sacro amuleto cui ricorrere per appagare il bisogno di ideali. L’Europa non esiste, forse potrebbero esistere gli europei. Anche quando dalla sinistra più eterodossa e aperta si rivendica un’Unione realmente politica, con un governo legittimato da un parlamento democraticamente eletto, sarebbe sempre il governo di uno stato col suo esercito, le sue leggi eteronome, la sua polizia, i suoi confini e le sue frontiere. Siamo certi che un tale governo, solo perché di un’Europa unita e “democratica”, avrebbe avuto un diverso atteggiamento nei confronti dei migranti? Dire oggi più Europa è un’affermazione non tanto vuota, quanto asservita alla visione dominante. La questione dei migranti è l’emergenza di problematiche profonde e intrecciate – limiti ambientali, crisi ecologica, guerre, egemonie mondiali -, non si tratta semplicemente di difesa di confini e posizioni o di comprensione umanitaria. Tutto questo intreccio va ben al di là di una sfida elettorale per istituzioni per giunta di mera rappresentanza. Marco Deriu nella sua introduzione al volume collettaneo Verso una civiltà della decrescita ha scritto: “La questione è allora come ci poniamo di fronte a sfide di questo livello che richiedono non un diverso governo o una differente maggioranza politica, ma un ripensamento complessivo della nostra visione ecologica, sociale, economica e politica del mondo”. Trovare le giuste risposte a questo interrogativo dovrebbe essere il nostro compito. Allora cominciare dal mondo, il piccolo mondo in cui viviamo e il grande mondo che ci sta attorno, sarebbe un buon punto di partenza. Nostra patria è il mondo intero, qualcuno cantava.

Angelo Barberi

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