Cronaca di un ballo mascherato

Arriviamo alla “fase 2” con tante persone più povere e più in crisi; senza che siano stati regolati i conti con quanto avvenuto in Padania, patria del saccheggio sanitario nazionale, con l’orgia miliardaria tra baroni, mafiosi, industriali e politici che hanno demolito il sistema, facendolo giungere all’appuntamento con il virus debole e impreparato, ma con una grande operazione di mistificazione e terrorismo volta a nascondere questa realtà; i protagonisti dell’orgia, hanno dimostrato di essere incapaci e incoscienti nella gestione dell’epidemia e si sono resi responsabili, pertanto, della sua rapida e letale diffusione. Con essi, la casta industriale che non si è mai voluta fermare, frenata appena dagli scioperi spontanei dei lavoratori che rifiutavano di essere le vittime sacrificali del capitale. L’incognita più grande è: chi pagherà il conto? Conosciamo già la risposta, sempre la stessa dopo ogni “crisi”: la popolazione, i più deboli, i lavoratori.

Dunque ci avviamo verso una lenta ripresa della vita “normale”, almeno in Italia. Eppure sappiamo tutti che la normalità che si va invocando è in realtà il problema; questa normalità fatta di gente straricca e moltitudine povera o aggrappata ai propri redditi precari per vivere alla giornata; questa normalità fatta di territori inquinati, devastati, avvelenati da uno sviluppo capitalistico inarrestabile, fonte di ricchezze e privilegi per chi vive alla sommità della piramide sociale, ma causa primaria di una vita corrosa dallo sfruttamento delle persone, degli animali, dell’ambiente, una vita aggredita dall’egoismo sociale, dal consumismo drogato, dalle malattie. Una normalità in cui la maggior parte della gente ha perso i valori della solidarietà, del mutualismo, della genuinità, travolta nell’ingranaggio di una macchina (il capitale) feroce, che schiaccia i diritti, i bisogni, le libertà, che fomenta guerre per drenare risorse a popoli e terre e conservare il potere delle caste. Una normalità che produce razzismo, femminicidi, discriminazioni, e che alimenta la guerra dei ricchi contro tutti gli altri, usando come armi le nuove tecnologie informatiche, i mezzi di comunicazione, le forze dell’ordine e gli eserciti, i “capipopolo” e tutti i pifferai in grado di guidare il gregge verso il baratro della delega, della rassegnazione, dello sfogo contro chi ha un altro colore della pelle, o tifa per un’altra squadra sportiva, o prega per un altro dio, o ha comportamenti ritenuti “devianti”. Una normalità che produce virus letali, in cui c’è chi approfitta cinicamente delle disgrazie provocate dalle epidemie per insaccare soldi con vaccini, speculazioni, con la gestione dei social, con l’obbligo di produrre ad ogni costo, con il clima di Paura.
E se questa normalità è il problema, la sua origine risiede in quell’epidemia secolare chiamata capitalismo, infiltratasi in un corpo sociale già intaccato da una malattia ben più profonda: il principio di autorità.
Nulla sarà più come prima, si dice in giro. Può darsi, ma bisogna intendersi: peggio o meglio di prima? E da chi dipenderà? Proviamo a dare qualche risposta.

Noi pensiamo che vanno innanzi tutto ribaltate alcune narrazioni tossiche che hanno caratterizzato questi mesi: da quella secondo cui il governo ci sta proteggendo (dopo aver distrutto la sanità pubblica e regalato miliardi ai privati, favorito la devastazione ambientale, investito in armamenti…, protetto i pescecani della borghesia); a quella secondo cui l’utilizzo delle tecnologie informatiche per il controllo ci proteggerà dai contagi; a quella che continua a ripetere che questa sia una guerra contro un nemico invisibile: una guerra con le sue vittime, gli eroi (mandati allo sbaraglio), l’esercito, gli elicotteri, i droni. Ma se di guerra dobbiamo parlare, è solo una guerra di classe, in cui i padroni impongono ai lavoratori di produrre, in cui tutta la fascia di popolazione a basso o nessun reddito è condannata alla povertà, in cui i senza tetto, i rom, i migranti colpevolizzati dai decreti sicurezza (ma utili all’agricoltura!) sono rimasti senza protezione; una guerra provocata dall’ingordigia della classe ricca.
Da oggi ci sono delle priorità senza le quali si sprofonderà nel baratro di un capitalismo incappato in un incidente di percorso dal quale cercherà di uscire facendo pagare i lavoratori, il popolo. E non disprezzerà di ricorrere a maniere forti, a forme di fascismo più o meno camuffate, per imporsi.
La prima priorità è che il prezzo di questa disastrosa pandemia per la classe lavoratrice, lo devono pagare i padroni, i ricchi borghesi, i magnaccia della finanza. La seconda è che gli eserciti, gli armamenti, le basi militari, che in tempo di guerra distruggono e provocano morte, e in tempo di “pace” (armata) succhiano risorse utili alla società, sono inutili e pericolosi, e vanno cancellati, azzerati. La terza è che l’ambiente, che tutti a parole vogliono salvaguardare, è lo specchio di quanto sta accadendo: le aree a forte impatto industriale, l’agricoltura e gli allevamenti intensivi, le deforestazioni, le estrazioni di combustibili fossili, si devono arrestare, e tutti i sinceri amanti della natura e della Madre Terra devono passare dalla protesta all’azione. La quarta è che la salute deve tornare ad essere una precedenza, come la ricerca e l’istruzione, i servizi pubblici, e non più terreno di saccheggio, di tagli, di discriminazioni di classe. La quinta è che si deve andare verso una riappropriazione del sapere e del lavoro contadino, quale base di un nuovo paradigma contro la società consumistica, contro l’ideologia dello sviluppo, contro la globalizzazione delle merci e dei capitali. Lavoro agricolo e tanto lavoro per bonificare e risanare la free inquinate,per mettere in sicurezza antisismica e idrogeologica città e territorio, per dotare il paese di infrastrutture veramente e solamente utili. L’ultima, è che bisogna riappropriarsi della sovranità individuale, dell’autodeterminazione popolare e sociale, della facoltà di decidere in prima persona e di lottare in maniera autorganizzata, dal basso, con strumenti e organismi autogestiti, praticando l’azione diretta e il rifiuto della delega, il ripudio del parlamento e del governo, perché questo rappresenta il solo modo per poter affermare le precedenti priorità e attivare un processo di cambiamento autentico.

L’epidemia e la storia ci stanno offrendo questa possibilità: non sprechiamola.

Pippo Gurrieri.

Questa voce è stata pubblicata in Editoriale. Contrassegna il permalink.