Non andrà tutto bene

L’accanimento del governo (dei governi) contro la sfera individuale e sociale delle persone, colpevolizzando, minacciando, punendo i comportamenti giudicati “non in regola”, si propone di coprire la mancanza di volontà di affrontare le cause della questione pandemia. Più facile lanciare la caccia all’untore, creare un clima fobocratico, in cui una app come Immuni ci avrebbe dovuto salvare, ma se poi si scopre che è un fallimento (solo poco più di 1000 i contagi individuati) si dà la colpa sempre al comportamento individuale deviante, con un’overdose di aggressività massmediatica senza precedenti e un terrorismo psicologico che non ha nulla da invidiare alla distopia orwelliana di “1984”.
Si susseguono i DCPM, giustificati dallo stato d’emergenza infinito; mentre scriviamo entra in vigore l’ultimo che scadrà il 24 novembre, salvo nuove restrizioni: chiusura di bar, ristoranti e pub dopo le 18, di palestre, piscine, cinema e teatri totalmente, dopo che erano stati fatti oggetto di rigidi adeguamenti alle norme anticontagio; si colpevolizzano le “movide” dei giovani, l’andare a cena o al cinema sia pure mascherati, distanziati e disinfettati; si proibiscono le manifestazioni culturali e politiche rendendo illegale ogni protesta; si spinge per un uso più ampio del lavoro e dello studio a distanza, facendo un grosso favore ai padroni e dando un altro colpo basso alla scuola nelle sue varie articolazioni; si impartiscono “raccomandazioni” sui comportamenti personali e persino familiari in violazione della libertà individuale. E torna il linguaggio militare: adesso hanno scoperto il coprifuoco! Mentre i militari, quelli veri, si mandano davanti alle scuole a intimorire i ragazzini, o si fanno intervenire come “esercito della salvezza” a fare i tamponi.
Ma guai a parlare di fabbriche, di officine, di magazzini, di luoghi della produzione: sembrano spariti dal panorama. Lì, la vita deve continuare, il profitto dev’essere garantito minuto per minuto, lì, dove il contatto, l’assembramento, la vicinanza sono inevitabili, l’ordine naturale capitalistico delle cose non va messo in discussione. Delle metropolitane e dei mezzi di trasporto affollati si parla; del dopo la giornata di lavoro anche: niente bar, pizzerie, palestre, cinema. Ma del lavoro nulla.
L’emergenza è da sempre il brodo di cottura di ogni tipo di autoritarismo. E’ una affinata strategia per abituare il popolo a subire, una pratica “educativa” volta a calcificare i ruoli di servi e padroni, il tutto con la scusa del bene collettivo, della salute di tutti. Eppure la storia ci ha insegnato quante volte è stato messa da parte la salute pur di avere garantito “il pezzo di pane”, il reddito, come accade a Gela e Taranto e nei tanti siti in cui questo dilemma-ricatto si è imposto alle popolazioni. Di ciò non sembra facciano tesoro i vari Conte e compari che scrivono i DPCM.
Quando il virus si sarà allontanato – non certo per questi esercizi di democratura – molte delle pratiche emergenziali rimarranno; molti effetti nefasti sulla psicologia delle masse si saranno consolidati; tante delle porcherie che hanno attuato in questi mesi faranno parte della normalità: e non solo il lavoro a distanza, ma le vendite di armamenti, persino all’Egitto che ci ha ucciso Regeni e incarcera Patrick e tiene in ostaggio mezza popolazione; persino alla Libia, dove ora sulle corvette italiane navigano militari turchi; persino le tante tresche con Israele, o le continue strategie omicide in materia di repressione dell’immigrazione. Porcherie come i decreti sicurezza, rifatti e poi spacciati come definitivamente aboliti, in realtà malamente ritoccati su questioni come diritto d’asilo, salvataggi, accoglienza, da far sembrare leggere persino le norme introdotte da Minniti; ed anche peggiorati nel loro aspetto più sociale, di repressione delle lotte e dei comportamenti “illegali” durante scioperi e proteste. O come l’annunciata mancata proroga della “quota 100” in materia pensionistica, o lo sblocco del blocco dei licenziamenti a fine marzo.
Nell’ubriacatura sull’utilizzo dei fondi (Recovery, MES; ecc.) l’ambiente, che pure doveva essere in cima alla lista, va lentamente scemando; la salute, l’istruzione e la ricerca avranno lievi incrementi (forse), mentre le forze armate e la difesa hanno già assicurati ingenti fette della torta. Nessun provvedimento di tassazione dei redditi alti e altissimi. Ovviamente.
Il dominio della classe privilegiata e dei servitori del capitale cerca di uscire più forte dalla crisi, spalmando sulla massa dei lavoratori, dei precari, dei disoccupati, dei pensionati, i costi di questo “incidente di percorso”. I primi ne usciranno più ricchi, gli altri drammaticamente più poveri e impotenti.
Non è più questione di di fasi impigliare in polemiche sulla mascherina o sui vaccini o sui complotti. Di fronte alle sofferenze delle persone siamo tutti chiamati a gesti di ribellione che salvaguardino nel contempo la libertà di scelta di ognuno. Il nemico non è il mio vicino o la ragazza della sedia accanto al bar; il nemico è lassù, nei luoghi del potere. Dobbiamo affrontare con consapevolezza questa fase, puntando all’autogestione dei comportamenti, alla protesta, alla denuncia delle strumentalizzazioni subdole o palesi in atto da tempo da parte dei tanti falsi sostenitori di una presunta libertà che inquinano la rabbia diffusa erigendo a modelli delle loro trame le effige di un Trump o di un Putin.

Siamo in guerra, è vero, ma è la vecchia e mai logora guerra di classe, e va indirizzata contro chi detiene i privilegi e ha il potere di decidere sulle sorti delle persone e delle classi popolari.

Pippo Gurrieri

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