STRAGI

A dicembre si ripercorre il vissuto stagista del nostro Paese; la ricorrenza del 12 dicembre 1969, la strage di Stato, rappresenta il punto più alto della strategia che i poteri forti (gli Stati Uniti e il padronato italiano, con la manovalanza fascista, i vertici delle forze armate e dei servizi segreti, fette di massoneria e la mafia) hanno attuato per imporre una sterzata a destra di stampo golpista e totalitario, in risposta alle piazze in rivolta che spingevano verso una trasformazione socialista della società. Prima di allora, e soprattutto dopo, quella strategia ha insanguinato l’Italia con le tappe indelebili di un cammino luttuoso che si vorrebbe rinchiudere nel dimenticatoio di una mai avvenuta pacificazione nazionale, o negli armadi sigillati della cosiddetta Prima Repubblica, quando le successive ne sono la diretta emanazione.
Impossibile dunque non ricordare le principali: la strage di piazza della Loggia a Brescia del 28 maggio 1974 (8 morti e 120 feriti); l’attentato al treno Italicus a San Benedetto Val di Sambro del 4 agosto 1974 (12 morti e 48 feriti); l’abbattimento del DC 9 Itavia sopra il cielo di Ustica con un missile lanciato da un aereo della NATO durante una battaglia aerea all’inseguimento di un Mig libico (81 morti); la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 (85 morti e 200 feriti); l’attentato al rapido 904 nei pressi di Vernio del 23 dicembre 1984 (16 morti e 267 feriti). A queste potremmo aggiungere anche la strage di Capaci del 23 maggio 1992, dove morì il giudice Giovanni Falcone, perché anch’essa, come le altre, vede protagonisti i servizi segreti dello Stato a fianco della mafia, in un’alleanza strategica volta a conseguire i medesimi risultati.
La conta degli episodi stragisti è praticamente infinita, ed anche i minori (se non altro per il numero di vittime), non necessariamente lo sono per importanza.
Ci sono poi le stragi declassate ad incidenti e quelle cancellate. Delle prime ricordiamo il crollo della diga del Vajont e la conseguente inondazione dell’omonima valle situata tra Friuli Venezia Giulia e Veneto, avvenuto il 9 ottobre del 1963, con oltre 2000 vittime. Un crollo dovuto alla spregiudicatezza e agli interessi subdoli che portarono alla costruzione dell’invaso: una strage annunciata. Poi la meno nota strage di Punta Raisi del 5 maggio 1972, con lo schianto di un DC 8 Alitalia contro la vicina Montagna Longa, che causò la morte di 115 persone. Derubricato velocemente come incidente, questo episodio, per tutte le omissioni e gli insabbiamenti cui è stato fatto oggetto, nasconde probabili segreti di Stato, con il ruolo attivo di mafia e servizi segreti ma indirettamente ha messo in risalto le criticità della costruzione dell’aeroporto palermitano in quel luogo, dettata da interessi speculativi della mafia e della politica ad essa asservita.
Tra le seconde s’inseriscono tantissimi episodi della guerra che si combatte in Italia fra forze occulte dello Stato, le sue forze armate e i suoi servizi, con la mafia, la massoneria e gli alleati militari a far da comprimari. Si vogliono qui ricordare due stragi cancellate: quella di Pizzolungo (vicino Trapani) del 2 aprile 1985, ovvero l’attentato al giudice Carlo Palermo, per spegnere le  sue indagini sui connubi tra massoneria, Chiesa, mafia e servizi segreti, in cui morirono una donna e i suoi due gemellini oltre al ferimento del giudice; e poi la strage del Cermis (vicino Cavalese) del 3 febbraio 1998, quando un aereo militare USA tranciò i cavi della funivia procurando la morte di 20 persone. Stragi insabbiate per i risvolti esplosivi che una loro definizione giudiziaria avrebbe potuto far emergere.
Anche quel che avviene oggi, con i morti per coronavirus che in Italia, quando scriviamo, hanno superato le 55.000 persone, tra dirette e indirette (cioè quelle a cui il virus ha dato il cosiddetto “colpo di grazia”) va considerato una strage: per il saccheggio del sistema sanitario, diventato il bankomat della politica, della Chiesa (con Comunione e Liberazione in testa) e delle mafie, reso inadeguato a reggere la pandemia, mentre la sanità privata si è arricchita a dismisura: Lombardia, Calabria, Sicilia, Campania e così via, dimostrano quanto il nostro non sia affatto il sistema sanitario migliore al Mondo. Per le responsabilità di chi, nei vari governi, ha voluto che gli interessi di Confindustria venissero tutelati prima della salute di tutti, lasciando aperte le fabbriche nei giorni di massima diffusione del virus. Per l’inettitudine e le manipolazioni delle cifre con cui i politici hanno voluto nascondere il danno che avevano arrecato al sistema sanitario e i favori fatti ai padroni. Per i morti nelle carceri, subito cancellati dalle cronache, quando i detenuti protestavano per le condizioni di alto rischio in cui versavano, e in cui continuano a versare.
E per chiudere non possiamo non ricordare le vittime quotidiane: quelle sul lavoro: 997 nel 2019; 972 tra gennaio e settembre del 2020!; nell’anno in cui molte attività sono state chiuse si registra un incremento del 19% rispetto al precedente. E quelle nel Mediterraneo: dal 2013 oltre 20.000 migranti annegati. C’è poco da commentare. Ogni giorno, in Italia, è un 12 dicembre.

Pippo Gurrieri

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