GUERRA MONDIALE

Con sempre più disinvoltura e frequenza si parla di terza guerra mondiale, in atto o in fieri. In effetti dal momento dell’aggressione russa all’Ucraina, rivelatasi evidentemente come uno scontro tra Usa e Russia per interposta vittima, il rischio che le tensioni e i contrasti accumulatisi tra le tre superpotenze che pretendono di dominare il mondo precipitino in un punto di non ritorno è serissimo. Tanto è vero che l’altro punto caldo della schermaglia finora, tra Stati Uniti e Cina, le due vere pretendenti a detta di tutti gli osservatori a dominare i destini del mondo nei prossimi secoli, sta trasformandosi in un aperto motivo di scontro. Taiwan nelle ultime settimane è ritornata al centro dell’attenzione mondiale, anello debole di un conflitto che proprio in quell’area potrebbe scatenarsi, sancendo la nuova geografia del potere mondiale, la supremazia dell’indo-pacifico che relegherebbe l’Europa a mera periferia. Così dicono gli strateghi della geopolitica. Dalla visita della presidente della camera statunitense, Nancy Pelosi, a Taipei, alle continue esercitazioni militari cinesi attorno all’isola, alle dichiarazioni risentite di tutela della libertà e dell’integrità da entrambe le parti, è tutto un proliferare di prese di posizione che sembrano volere fare precipitare la situazione da un momento all’altro. Si ripete insomma lo schema che ha condotto alla guerra in Ucraina, in cui le parti piuttosto che dialogare, come negli statuti degli Stati contemporanei dovrebbe accadere, si lanciano accuse reciproche e prendono posizioni così rigide da non lasciare (dal loro punto di vista) spazio ad alcuna mediazione. Così la guerra è servita. Ma quella che eventualmente si aprirebbe tra Usa e Cina non sarebbe una delle tante guerre che si sono combattute negli ultimi decenni e si stanno combattendo, sarebbe per definizione guerra mondiale. Guerra che a quanto pare molti credono si possa combattere senza il rischio atomico. Intanto, che si sia vicini o lontani da un precipizio che dovrebbe farci reagire e impegnarci con tutte le nostre forze per impedirlo, la propaganda è in azione per costruire, attraverso i media, una narrazione che faccia apparire la guerra e gli eserciti qualcosa di necessario e ineludibile.
Fine della pace e fine della storia sono le due teorie, assiomi che non hanno bisogno di dimostrazione, a cui politici, opinionisti e studiosi ricorrono per convincerci che il mondo va in un certo modo e non ci sono alternative realistiche e praticabili. La fine della pace sembra ci sia piombata addosso con la guerra in Ucraina. Noi, colpevoli e colpevolizzati, ci eravamo crogiolati in più di settant’anni di pace, dalla fine della seconda guerra mondiale, e non ci accorgevamo che altri – Putin in questo caso – si attrezzavano per ridurci in schiavitù. Il risveglio ci ha precipitati nell’angoscia, ma i governi hanno saputo reagire, anche se per gli opinionisti più accreditati non fanno ancora abbastanza, mandando armi all’Ucraina, aumentando le spese militari e potenziando gli eserciti. Questa è una delle letture che più circola, accreditata come una verità incontestabile, mentre solo un rapido sguardo a quanto è successo dalla fine della seconda guerra mondiale in poi ci dice esattamente il contrario. Che la guerra è continuata ad essere uno degli strumenti privilegiati di cui gli Stati si servono per perseguire i loro obiettivi di dominio, su larga o su scala ristretta, al proprio interno come nei rapporti internazionali. Eduardo Galeano nel 1998 scriveva che in quella che veniva definita era della pace, dal 1945 in poi, la guerra aveva prodotto ventidue milioni di morti!
L’altra teoria in auge, la fine della storia, che ha già alle spalle qualche decennio, è forse più subdola e funziona al contrario. Mentre la pace – inesistente come si è visto- viene contrabbandata per reale, la fine della storia è una vera illusione. Fine della storia sarebbe l’idea che vengano meno i conflitti – fine della guerra fredda nel caso specifico- e l’umanità riesca a vivere in pace. Ora poiché la storia non si può fermare, e pensarlo è un’illusione, ne consegue che la guerra o meglio la possibilità della guerra non può essere cancellata, per questo sono necessari gli eserciti e gli apparati bellici. Questa è la cruda realtà cui dobbiamo soggiacere. Storia allora uguale guerra, uguale potere, uguale dominio. Chi può opporsi alla storia, al trascorrere del tempo? Nessuno, è così lapalissiano. Ma la storia così si trasforma in necessità, mentre è possibilità e opportunità. 

Fine della pace e fine della storia, come un fasullo gioco ad incastri, sono la morsa dentro cui ci chiudono per giustificare Stati, guerra e potere. Uscire da questa gabbia mentale e ideologica sarà un primo passo per riuscire a far diventare la guerra un abominio, da estromettere dalla storia.        

ANGELO BARBERI

Questa voce è stata pubblicata in Editoriale. Contrassegna il permalink.