41 bis: tortura all’italiana

Quando chiudiamo questo numero il compagno anarchico Alfredo Cospito è giunto al suo 78° giorno di sciopero della fame; ha perso oltre 35 chili, e nulla fa pensare che abbia intenzione di fermarsi nella protesta ad oltranza contro la decisione di seppellirlo sotto il regime del 41 bis, una tortura tutta italica che grazie alla sua lotta e al grande sostegno che sta ricevendo sul piano internazionale, è venuta a galla come merda nel pantano democratico.
E’ stata la ministra Marta Cartabia a firmare la condanna a morte di Alfredo Cospito lo scorso 4 maggio; ma è stata la Cassazione il 6 luglio a compiere il “miracolo” giudiziario di trasformare il reato di “strage contro la pubblica incolumità” in “strage contro la sicurezza dello Stato” nei confronti di Alfredo e Anna Beniamino; ed è stato il tribunale di sorveglianza di Roma il 19 dicembre a confermare il regime duro del 41 bis.
La parola strage evoca sangue, morte e distruzione; attentati come quelli di Piazza Fontana, del treno Italicus, della stazione di Bologna, di piazza della Loggia a Brescia, oppure quelli in cui sono stati ammazzati Falcone e Borsellino. Nel nostro caso siamo di fronte ad un attentato dimostrativo all’esterno di una scuola per carabinieri che, a parte un po’ di danni materiali, non ha provocato né morti né feriti semplicemente perché questa non era l’intenzione dei suoi autori.
E allora perché l’accusa di strage? perché il 41 bis? e perché lo Stato vuole l’ergastolo ostativo per Alfredo Cospito (demandando la decisione alla Corte Costituzionale)? Neanche la magistratura è riuscita a motivare adeguatamente la propria decisione di paragonare l’azione diretta di un gruppo di anarchici alle stragi (con tanto di coperture interne allo Stato) compiute da mafiosi o da fascisti.
Dobbiamo cercare di interpretare questi avvenimenti con i tanti segnali mandati dalle istituzioni: la condanna a 28 anni di carcere per il compagno anarchico Juan Sorroche reo di aver piazzato un ordigno esplosivo nella porta della sede della Lega del comune di Villorba, anche in questo caso trasformando con infamità un gesto palesemente dimostrativo in “tentata strage contro la sicurezza dello Stato”; gli arresti dei sindacalisti di base di Piacenza; le condanne agli attivisti NO MUOS, gli arresti di attivisti NO TAV in Val di Susa, le manganellate agli studenti, gli arresti, i fogli di via, la richiesta di misure restrittive verso militanti antirazzisti o compagni come Claudio di Messina per colpire la loro condotta generale e non un reato specifico. Un incalzare dell’elemento repressivo frutto di una mutata strategia da parte degli organi dello Stato e del Ministero dell’Interno.
Il regime del 41 bis è una forma legalizzata di tortura, una restrizione completa degli spazi vitali del detenuto: 22 ore di isolamento, socialità ridotta ad un massimo di 4 persone, passeggio in luoghi senza aria né luce naturale, censura su corrispondenza e giornali, colloqui per 1 ora al mese con vetro divisorio. Un provvedimento che non ha suscitato scandalo perché fino ad ora è stato applicato ad esponenti della mafia nel tentativo di tagliarli fuori da ogni contatto con l’associazione. Venne applicato anche ad alcuni militanti delle Brigate Rosse PCC, sempre con lo stesso motivo.
Egualmente l’ergastolo ostativo è un modo di seppellire degli individui escludendo la possibilità di ottenere benefici, in quanto non si sono mai dissociati dal loro passato o non hanno mai barattato il miglioramento delle loro condizioni di detenzione, con il tradimento ed il pentimento. Regimi carcerari equiparati a tortura perfino dalla corte di giustizia europea.
La svolta adesso è nel voler annientare un anarchico mettendolo sullo stesso piano dei boss di mafia, camorra e ndrangheta. Una scelta compiuta sotto il governo di unità nazionale di Draghi, senza che si siano levate voci critiche tra coloro che si dichiarano di sinistra e dalla parte degli ultimi. La nuova coalizione, composta anche anagraficamente dagli eredi del regime fascista e degli autori e complici della strategia della tensione del 1969 e di tutti i ’70, benché abbia trovato il tutto già impiattato, dovrà gestire la patata bollente di una decisione che sa potrebbe tramutarsi in un boomerang.
Se da una parte i governi ed il capitale che li mantiene in vita devono attrezzarsi a fronteggiare, anche preventivamente, una situazione sociale esplosiva a causa dell’impoverimento di frange crescenti di popolazione, di malcontenti diffusi per il caro vita, di stanchezza per una guerra che stiamo pagando caramente tutti, dall’altra la storia ci dimostra come ogni qual volta i padroni e i loro fantocci al potere abbiano provato ad alzare il tiro contro gli anarchici, accusandoli di strage, la risposta di questi ultimi è stata talmente vivace che il movimento, anziché annientato né è uscito rafforzato (vedi Piazza Fontana, Pino Pinelli, Pietro Valpreda e compagni). Si tenta di colpire gli anarchici perché rappresentano la componente più coerente e irrecuperabile dell’opposizione al sistema, nella speranza che spezzando questa punta l’intero antagonismo di classe finisca depotenziato.
Oggi una mobilitazione a livello nazionale e internazionale attorno alla battaglia di Alfredo Cospito, cerca di impedire che venga assassinato, direttamente con il 41 bis o con uno sciopero della fame ad oltranza dalle conseguenze tragiche.
Scrivono gli avvocati Rossi Albertini e Pintus: “(…) Dall’aprile scorso e in assenza di avvenimenti che possano giustificare la diversità di trattamento penitenziario, …è privato di ogni diritto ed in particolare di leggere, studiare, informarsi su ciò che corrisponde alle sue inclinazioni e interessi (…). Non riceve alcuna corrispondenza, quelle in entrata sono tutte trattenute e quelle in uscita soffrono dell’autocensura del detenuto stesso. Le ore d’aria si sono ridotte a due, trascorse in un cubicolo di cemento di pochi metri quadrati, il cui perimetro è circondato da alti muri che impedi- scono alcuna visuale o semplicemente di estendere lo sguardo all’orizzonte, mentre la visuale del cielo è oscurata da una rete metallica. Un luogo caratterizzato in estate da temperature torride e in inverno da un microclima umido e insalubre. La mancanza di profondità visiva incide sulla funzionalità del senso della vista mentre la mancanza di sole sull’assunzione di vitamina D.
La socialità è compiuta una sola ora al giorno in una saletta assieme a tre detenuti, sottoposti a regime da numerosissimi anni, che in realtà si riducono ad uno in considerazione del fatto che un detenuto è sottoposto ad isolamento diurno per due anni e un secondo ormai tende a non uscire più dalla cella. Una condizione insopportabile che ora spinge il Cospito a rifiutare una vita priva di alcuna prospettiva futura, che apparirebbe tale a qualunque essere umano ma che lo è in partico- lar modo per un uomo che vive e viveva delle relazioni che intratteneva con il mondo dei liberi. Una condizione talmente afflittiva da spingere il medesimo a rimpiangere la pena di morte per fucilazione ritenuta più degna di una infinita agonia in un limbo senza speranza (…)”
La determinazione di Alfredo a mettere in gioco la propria vita per reagire alla infame condanna a morte, è uno stimolo produce azioni d’ogni tipo e altri scioperi della fame in suo sostegno, a partire da quelli di Anna, Juan e Ivan in carcere. Anche la mobilitazione contro l’ergastolo ostativo riprende slancio, e dagli istituti di pena sono gli stessi detenuti condannati a questa lenta pena di morte a reagire con petizioni e proteste.
Solo in seguito a tale esteso movimento intellettuali e personalità come Manconi, Cacciari, Di Cesare, Wu Ming, Cimini, Zerocalcare, Mentana, Moni Ovadia, Zanotelli, Ciotti ed altri ancora hanno alzato la voce contro l’assegnazione al 41 bis per Cospito.
Ormai è evidente come non sia solo la vita di Alfredo Cospito l’oggetto del contendere, ma il 41 bis e l’ergastolo ostativo. Ed è chiaro come debba essere aspro lo scontro dentro le istituzioni su una vicenda che è andata fuori controllo e che, a prescindere dall’epilogo (cedimento dello Stato o linea dura fino alla morte di Alfredo), susciterà ulteriori spaccature e divisioni, mentre la ribellione sociale contro il carcere, a sostegno degli anarchici, dei rivoluzionari, dei ribelli sociali sequestrati dallo Stato, andrà avanti, sempre più determinata.

Pippo Gurrieri

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