AUTONOMIA DIFFERENZIATA? NO GRAZIE

Nord/Sud. Il neocolonialismo che avanza

I due maggiori partiti di estrema destra al governo in Italia, Fratelli d’Italia e Lega, si sono accordati su come scardinare l’impianto della Costituzione repubblicana. La proposta presidenzialista o semi-presidenzialista di Fratelli d’Italia, che di fatto amplia i poteri dell’esecutivo e ridimensiona quelli del Parlamento, smaschera una volta di più la finzione dei meccanismi di democrazia liberale che, quando la crisi economica e sociale minaccia fortemente gli interessi delle élites al potere, non esita a consegnare lo Stato alle correnti più autoritarie, di marca fascista o proto-fascista. Nuovo è invece il tentativo della Lega, attraverso la cosiddetta “autonomia differenziata” (D.D.L. Calderoli approvato il 23 febbraio 2023 dal governo nazionale e un mese dopo dalla Conferenza delle Regioni, col voto favorevole anche del governatore siciliano Schifani), di spezzettare l’Italia in tante repubbliche indipendenti quante sono le attuali regioni, svuotando ulteriormente di competenze Parlamento e Ministeri. Un mix perfetto in cui
l’equilibrio istituzionale verrebbe garantito attraverso uno Stato di polizia, che mentre mantiene anche le leve finanziarie e di politica estera, demanda tutto il resto a tanti staterelli satelliti, intasati di funzioni amministrative in parte oggi assolte dalle autonomie comunali, e dipendenti, per le prestazioni di servizi al cittadino, dall’aumento esponenziale delle proprie entrate fiscali e dal contributo economico che il governo centrale vorrà benignamente o meno concedere.  Riguardo alla Sicilia, per trattare delle conseguenze che vi porterà l’introduzione dell’ “autonomia differenziata” si deve obbligatoriamente fare riferimento all’ “autonomia speciale” concessa il 15 maggio 1946, con la quale l’Isola assunse competenza esclusiva in materia di beni culturali, agricoltura e foreste, usi civici, industria e commercio, urbanistica, lavori pubblici di carattere locale, miniere e saline, acque pubbliche, pesca e caccia, enti locali, beneficenza e opere pie (art. 14 dello Statuto). L’autonomia differenziata ne aggiungerebbe molte altre, fra le quali di primaria importanza l’istruzione, il lavoro, la mobilità e la salute.
Per sostenere finanziariamente la spesa regionale nelle materie già assegnate, gli artt. 36-38 dello Statuto stabilivano che toccasse alla Sicilia la totalità delle imposte fiscali, comprese quelle relative ad aziende operanti ma non residenti nell’Isola, più una quota che lo Stato avrebbe dovuto versare a titolo di solidarietà nazionale (fondo perequativo). Le prime ammonterebbero a circa 10 miliardi annui, mai versati; la seconda, che non viene corrisposta da un sessantennio, ha creato a favore della Regione un credito incalcolabile (si tratta comunque di parecchi miliardi). Dal 2019 si sono aggiunte, non ancora versate, le accise sull’energia (circa 9 miliardi all’anno) e, dal 2022, una indennità annua per le difficoltà di mobilità causate dall’insularità, pari a circa 6 miliardi (modifica dell’art. 119 della Costituzione).
Uno Stato così inadempiente, che ha potuto contare per decenni sull’inettitudine e la complicità dei politici siciliani di tutti gli schieramenti, contribuendo pesantemente ad allargare il divario tra il Nord e l’estremo Sud del paese, che garanzia potrebbe fornire introducendo in Sicilia ulteriori comparti che finanzierebbero i siciliani presumibilmente in proprio, o attraverso un ulteriore fondo nazionale perequativo, da costituirsi per di più “in base alle risorse disponibili” (art. 9 del DDL Calderoli)?
Un’autonomia speciale ulteriormente allargata non costituirebbe un’ulteriore beffa per i siciliani? non comporterebbe un nuovo aggravio di imposte, ticket, tasse e povertà? e che autonomia politica garantisce se mantiene in capo al governo italiano la facoltà di invalidare gli atti scomodi dell’Assemblea regionale e richiama addirittura la possibilità (art. 10 del DDL Calderoli) che il governo attivi discrezionalmente, per inadempienze nei confronti della nuova legge, quel “potere sostitutivo” che l’art. 120, comma 2, della Costituzione prevede in caso di “
pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica” della nazione?
Piuttosto che parlare di rimpolpare quell’autonomia siciliana che, nata nel 1946 per rintuzzare l’allora minaccia indipendentista, ha portato l’Isola all’attuale fallimento politico-sociale, non sarebbe il caso di risuscitare una rivendicazione sicilianista dal basso, che imponga una diversa organizzazione sociale fondata sull’eguaglianza economica tra tutti i siciliani e sulla libera federazione tra i Comuni dell’Isola e col resto d’Italia? che annoveri tra i suoi obbiettivi di lotta il recupero dei miliardi sottratti alla Sicilia non solo dal secondo dopoguerra ma anche nei decenni precedenti, quando lo Stato unitario ha utilizzato le risorse allora disponibili per finanziare prioritariamente lo sviluppo delle regioni del Nord industrializzato? Non sarebbe il caso di dar vita a una vera autonomia, ai vari livelli locali, che consenta ai siciliani di riappropriarsi della loro terra e delle loro risorse umane e materiali, e di allontanare da sé le servitù militari, le burocrazie statali e regionali, i grandi impianti industriali dannosi alla salute umana e all’ambiente, frutto di una politica colonialista che lo Stato italiano, con la connivenza dei suoi tentacoli locali, non ha mai smesso di perseguire?
Altro che i LEP! cioè quei livelli essenziali (leggi “minimi”) di prestazione che il ministro forcaiolo della Lega vorrebbe mantenere nelle regioni autonome più povere consentendo a quelle allo stato attuale più ricche, e ai cittadini più ricchi di esse, di raggiungere livelli sempre più elevati, fomentando così nuove diseguaglianze, disparità di diritti e di trattamento, affossando nelle regioni meridionali – ma anche in quelle del Nord, dove sono privilegiate le strutture private e non se ne garantisce l’accesso e la gratuità ai più poveri – la scuola pubblica, la sanità pubblica, i trasporti e i servizi pubblici in genere. Quei LEP che, indice della grande confusione del ministro Calderoli o, peggio, delle sue attitudini provocatorie, intenderebbe finanziare con quella parte del fondo per lo sviluppo e la coesione sociale (FSC) e dei fondi strutturali europei (POR), già destinati in gran parte alle regioni meridionali e largamente insufficienti, che non è stata ancora spesa per incapacità e sciatteria dei funzionari incaricati ma anche per l’astrusità delle regole europee, l’ostruzionismo e il ritardo con cui quei soldi vengono erogati dai Ministeri competenti (lo dimostra la bocciatura dell’ultima finanziaria regionale dove essi erano stati nominalmente inclusi senza il preventivo permesso del governo).
È finito il tempo della pura indignazione, dei sorrisetti di scherno e delle menate intellettuali. Dobbiamo mobilitarci senza indugio, affinché gli oppressi di Sicilia e del continente riannodino il filo della tradizione rivoluzionaria e delle lotte di massa, e impediscano che la legge sull’ “autonomia differenziata”, che fa tanto gola ai nuovi padroni/predoni d’Italia, possa essere approvata e fungere da apripista per progetti ancor più reazionari e antipopolari.

Natale Musarra

Questa voce è stata pubblicata in Articoli. Contrassegna il permalink.